Un gennaio insolitamente caldo e piovoso sta cullando la campagna qui attorno. Le vigne riposano e fra i filari si intravedono sparuti lavoratori intenti alla potatura secca per preparare le piante all’imminente risveglio.
Questo è il mio primo inverno nella nostra nuova casa di campagna e ho avuto il piacere di vivere molte dinamiche che ricordavo sbiadite nei miei soggiorni nella casa di campagna in Casentino. L’inverno ha sempre significato casa, raccogliersi attorno al fuoco, bruciacchiare le salsicce, o le castagne, e aspettare il sonno. Talvolta lo facevo in collo a mia nonna, io già alto e sgangherato – lei ormai già curva e piena di dolori: faceva le parole crociate e io le chiedevo insistentemente le definizioni mentre il fuoco del camino crepitava e, lentamente, si spengeva. Il camino talvolta veniva acceso anche a inizio estate, per togliere umido, per asciugare un po’.
Qui a Bisarno quando abbiamo cominciato i lavori di ristrutturazione ci siamo trovati con un ampio camino, ormai in stato di fatiscenza, che nascondeva un ancora più antico forno del pane. Il forno era accoglienza, condivisione. Per le famiglie che non lo avevano e che portavano in cottura i loro impasti. Per passare del tempo nell’attesa della cottura, irrorandosi di profumi. E poco importava se le farine non fossero raffinate, se il sale poco o punto, del resto il pane qui a Firenze è da sempre “sciocco”, come talvolta mi rimbrottava di esserlo mia nonna, quando la facevo arrabbiare. Sciocco per un dispetto dei pisani, narra la leggenda, che bloccarono le navi cariche di sale al loro porto, quando Pisa si affacciava sul mare. Ma “con un po’ di companatico l’è buonissimo” – diceva la nonna – porgendomi un po’ di prosciutto stagionato in casa.
E chissà quante storie potrebbe raccontare quel vecchio forno del pane, ormai in disuso da secoli, utilizzato negli anni in cui la mia vecchia nuova casa era una fattoria abitata da una famiglia contadina durante l’epoca mezzadrile.
Il sapore di quel pane col prosciutto offerto dalla nonna è ancora qui. Come il pane con olio e pomodoro stropicciato e i nostri desinari assieme. Il forno del pane l’abbiamo restaurato ma è un “oggetto a memoria”, la cui ampia bocca in mattoni cauterizzati ospita dei liquori, mentre l’antico camino è di nuovo vivo e funzionante. L’altra sera l’ho acceso. Io che faccio fatica ad appendere un quadro o ad avvitare una lampadina ho fatto il fuoco. Avevo fatto presto dal lavoro e aspettavo il rientro delle bambine. La più grande è tornata a casa allegra e gioiosa. Sta imparando a leggere e scrivere. “Babbo, lo sai la nonna mi ha regalato le parole incrociate – mi aiuti a farle?”. Ci siamo messi sul divano, in attesa della cena, mentre il fuoco del camino crepitava e la stanza sapeva di pane.