Con la definizione del BAR(N), Bisarno si è riappropriata di una funzione antica e moderna al contempo della sua raison d’etre: una cantina per i vini. Infatti, nel piano seminterrato del fienile, dove stiamo concludendo il nostro studio/wine bar, una volta (si parla comunque di epoche non remote ma vive fino agli anni Settanta del Secolo Breve), si trovavano i tini di vinificazione delle fattorie di cui Bisarno era uno dei poderi: Galiga e Vetrice prima e Grignano poi. Sono ancora visibili i ganci a parete di sostegno.
Un po’ come l’allevamento a spalliera di more, la dove vi erano rovi e rifiuti, il ripristino del piano seminterrato del fienile ha seguito lo stesso fil-rouge: raccontare il passato, se possibile migliorarlo, sempre rispettarlo ma non ne essere schiavi. Quindi, dove si produceva vino, oggi si proverà a consumarlo, a berlo, attraverso un ambiente polifunzionale di piacere e di pensiero. E dove c’erano i tini, oggi una doppia rete elettrosaldata fa da cantina, da collettrice, di vino già imbottigliato e pronto al consumo, con l’idea di elevare il piacere dello stare insieme, costruire una fisiologia del gusto che incontra la bellezza, tessere relazioni, essere copula, molecola di civiltà attraverso l’incontro.
Aggiungo anche che questi mesi di ristrutturazione e di creazione del marchio e del concetto di BAR(N) mi hanno e mi stanno (mica è finito…) peraltro aiutando molto a centrarmi in un periodo in cui stanno soffiando venti freddi – come adesso mentre scrivo che li sento ululare dalla canna fumaria.
Niente di fattuale, ma da settembre sono cambiate molte cose, al lavoro, nella mia vita privata, in alcune letture di situazioni, che, unite a una mia certa cristallizzata tendenza al rimuginio mentale, alla malinconia, mi hanno fatto inciampare in un periodo non propriamente solare. E quindi, il pensare, il creare, il vedere ambienti e scenari, il raccontarlo, il costruirlo, sono a oggi dei balsami, degli ancoraggi molto importanti.
Siamo a buon punto, quasi tutti gli arredi e le architetture sono o a costo zero, o comprate di seconda mano, o riutilizzate da altri ambienti. E anche questo è molto divertente e mi permette di sfogare la mia passione per gli interiors, per l’oggettistica, per il design, per un certo stile industriale applicato alla civiltà contadina. Il risultato finale non mi pare male: noi ne siamo molto soddisfatti.