Apnea

Siamo a casa. Sono oltre le dieci e Laura sta leggendo “Pippi Calzelunghe” alle bambine. Io sono salito su dopo avere concluso, al mio solito controvoglia, la pulizia della tavola al termine di una cena allegra e gustosa: cotolette di agnello al forno, patate arrosto, carciofi e zucchine in padella bagnate da uno squisito Brunello di Montalcino della miliare vendemmia 2010. Una serata tranquilla che mi sono goduto per la sua assoluta normalità. Finalmente!

Spesso si sottovaluta la normalità fin quando questa non viene a mancare. E per 13 giorni la mia vita, la vita della mia famiglia, non é stata normale. Il sabato di due settimane fa abbiamo dovuto portare Costanza al pronto soccorso, e dopo qualche giorno trasferirla in corsia per il protrarsi dei suoi sintomi e per capire cosa stesse scatenandoli. Fra le sue sofferenze e l’incertezza della diagnosi, risonanze magnetiche a scongiurare terribili patologie, aghi e punture, ecografie e prelievi, inappetenze e nausee, ansiosi colloquii coi pediatri e andirivieni fra visite e pareri, la nostra vita é andata in apnea.

Non ha più avuto significato l’urgenza lavorativa. Ciò che di solito mi indisponeva mi ha lasciato indifferente. Non mi hanno pesato i su e giù dall’ospedale. La fame non ha morso malgrado nessun orario dei pasti fosse più rispettato. Parlare al telefono con chi voleva informazioni era un peso, così come macigni mi ancoravano al terrore le ipotesi di quello che Costanza potesse avere. Niente più mi appassionava e soltanto un pensiero mi ossessionava.

E così sono corsi 13 giorni. I giorni lunghissimi e brevissimi allo stesso tempo in cui a Costanza ha smesso di funzionare l’apparato digerente e noi di vivere la nostra normalità. Poi, senza che fosse chiarita la genesi del problema, fugati però i sospetti diagnostici più nefasti, quando ormai il morbo, o chi per lui, pareva avesse ormai radici quasi misteriose nel corpo di Costanza, Costanza ha cominciato a stare meglio: prima una notte finalmente senza crisi e vomito, poi una risolta senza antidolorifico, fino a una con soltanto qualche blanda lamentela subito taciuta con una coccola della mamma sempre accanto a lei.

E dopo 48 ore di benessere, le prime due giornate buone dopo 3 di pronto soccorso, 10 di degenza, 19 di malattia, ci hanno mandati a casa. A casa da Matilde che é stata bravissima in questi giorni, sballottata da un nonno a un altro, da una casa a un’altra, a convivere in un clima di tensione e nervosismo. E ci siamo ritrovati a respirare la nostra normalità. Le gatte che ci chiedono dalla porta finestra il cibo. Le bambine che la sera si ritrovano a giocare. Noi a lamentarsi dei nostri lavori. Delle mail fuori orario. Delle finestre che fanno spiffero malgrado quanto ci siano costate. A dirci stanchi. A indossare i pigiami per stare comodi. A pensare con un po’ di preoccupazione al giorno dopo, alle nostre incombenze, ai lavori da ultimare a a Bisarno, ai soldi da trovare per costruire i nostri progetti. Ma a farlo non in apnea e con la forza e la felicità di una famiglia di nuovo insieme. Nella più splendida normalità.