Il bagno fra cementine e tubi di rame

Mi trovavo a Vancouver, un’alba di 375 giorni fa, insonne causa jet-lag. Eravamo ancora lontani dal pensarci a Bisarno: predominavano le noie, le burocrazie, le nude murature. Sorseggiavo un cappuccino molto caldo e un bun molto burroso ma buono in una caffettiera accanto allo Steam Clock. Io, la barista e un comodissimo divano in un locale davvero bello, cool avrebbero sentenziato dove mi trovavo, dove ero accovacciato a fare colazione. Un what’s app, un altro:

La proposta del disegnatore di interni che ci sta accompagnando nel recupero di Bisarno: bellissima, spiazzante, con le miscele cromatiche che più mi piacciono, dominata dal riuso, dal recupero e da materiali poveri! Un colpo di fulmine provato una mattina di primavera in Canada.
Un po’ di spunti erano partiti da quello che c’era a Bisarno: le cementine, quelle splendide mattonelle esagonali, del primo Novecento, affiorate – seppur malmesse – in una delle stanze di Bisarno. Sopra vi era del cotto antico. Le abbiamo tolte, molte di sono spezzate, attentamente ripulite, sgrassate, cerate: ne sono rimaste un centinaio. Poche, pochissime, ma alternando con le pareti in vernice-resina, avremmo potuto valorizzarle in un contesto che richiama due stili piuttosto inusuali per una casa contadina di campagna ma che mi andava di sperimentare: l’industriale e il primo Novecento. Per farlo l’intuizione più forte è stata portare come elemento icastico e di grande visibilità i tubi di rame a vista per convogliare l’acqua nella doccia e nel lavabo e le ruzzoline, le manopoline di apertura e chiusura, che si trovavano nei locali adibiti a uso industriale. Quindi cemento e rame e linee essenziali.
La collezione dei materiali proposti nel disegno è stata complicata e ha richiesto molto tempo. Soprattutto la ricerca del lavello in cemento, l’altro grande convettore visivo, di fronte all’ingresso, e della rubinetteria in rame a corredo dei tubi.
Oggi abbiamo cominciato il lungo lavoro che porterà a completare il bagno.
Mi sono emozionato perché mi ha ricordato quell’alba a Vancouver di più di un anno fa e l’emozione suscitata nel vedere non tanto il bellissimo progetto del bagno ma sopratutto quello che avrebbe rappresentato in un futuro non così remoto come mi appariva quei giorni.