Bisarno al cospetto della perfida (ma irresistibile) Albione. Two families is meglio che one!

In questa settimana successiva alla Pasqua, dove al sole si alternano dei violenti acquazzoni ma le temperature, i colori e i profumi volgono finalmente al primaverile, Bisarno è ancora più ciarliera e festosa: abbiamo infatti come ospiti il fratello della Laura, con moglie e nipotina, in visita da Manchester, dove vivono da qualche anno.

Durante la magniloquente giornata di Pasqua, trascorsa qui a Bisarno, abbiamo accolto 14 persone e 4 diversi nuclei familiari, assise tutte con grande orgoglio nella sala grande, dove una volta mangiavano le mucche, perché fuori era ancora fresco e piovigginoso.

Il giorno di Pasquetta – una splendida giornata – abbiamo ufficialmente inaugurato la buona stagione con un pantagruelico pranzo degli avanzi all’aperto, in una tavolata bellissima sotto il pergolato ancora scevro di fronde e uva ma già piacevole per il primo tiepido sole di aprile.

Agnello al forno con patate, gli agretti, la coratella dello zio Sandro, la torta Pasqualina della ZiaDada, le lasagne di verdure della mia mamma, gli antipasti di mare dai parenti di Livorno, il rosbif, i formaggi della Bottega di Rosano, gli asparagi, i baccelli e gli spinaci, le uova soda benedette per chi le voleva, sono stati i piatti che hanno scandito questi due giorni di festività che non a caso, sia per l’offerta gastronomica che per il clima spigliato e allegro che crea, é di gran lunga la mia preferita!

Un’altra di queste sere invece Simone, mio cognato, aiutato (o meglio dire: sfidato nella pazienza) da Giorgia, la mia nipotina, e la
Mignola, entrambe, in questi giorni, in favolosa intesa reciproca malgrado le poche occasioni avute per conoscersi meglio, si è dilettato in un “pasta – class”, creando un fantasmagorico spaghetto alla chitarra fatto e steso in casa – grazie agli strumenti di lavoro gentilente regalati dai Corsis – e ingigantito da un delizioso sugo di bottarga, pesce spada e melanzane.

Non solo: le bambine avevano ricevuto chili (non esagero) di cioccolato sotto forma di uova di Pasqua: Lara, mia cognata, ne ha fatto la libidinosa copertura di una torta al semolino con cui abbiamo concluso la cena ed elevato in dolcezza le colazioni del mattino.

Le restanti uova di Pasqua, dietro consiglio di una mamma di una amichetta di Matilde alle prese con il mio stesso dolce problema, le abbiamo congelate per futuri usi (ganache, cioccolate calde, creme cioccolatose per biscotti). Si cerca di fare meno sprechi possibili e di utilizzare al meglio tutto gli avanzi, come ci hanno insegnato i nonni e i contadini che hanno vissuto queste mura secoli prima di noi.

E i vin che hanno accarezzato i piatti di questi giorni? Tutti della grande madre Ruffino: da una ottima magnum di Riserva Ducale 2013, bevibile, vibrante, floreale, a un mitologico Romitorio di Santedame 2007, speziato, cupo, suadente, fino al Greppone Mazzi, assaggiato in due diverse annate, una più matura, eterea e quasi candita (2004) e una più recente: succosa, potente ed elegante al contempo (2012).

In attesa di nuovi lavori in muratura a Bisarno, del prato, e delle prossime fioriture dei vari alberelli piantati, una settimana proprio niente male, che ha mostrato il lato accogliente e conviviale della casa e ci ha fatto trascorrere del bel tempo, il famoso “quality time”, con un’altra giovane famiglia, dando un sapore, e che sapore, all’epiteto di ZioFrancesco, flautamente sussurrato in questi giorni da Giorgia, la mia irresistibile Albioncina.