Consapevolezza. Una domenica di lavoretti agresti.

La bellezza del caco e del cielo di novembre.

Oggi è stata una domenica di tempo uggioso ma sufficientemente stabile per consacrarla al lavoro nei campi. 

Di buon mattino, io e la Mati abbiamo fatto la nostra colazione e, in concomitanza con l’arrivo del NonnoCiccio, affaccendato nelle stuccature della facciata, ci siamo vestiti adeguatamente e proiettati verso una divertente e faticosa organizzazione dell’orto.

La facciata esterna a cura di Nonno Ciccio. Stuccatura con biocalce.

Di lì a poco ci ha raggiunti anche Costanza. Gli obiettivi erano alti. Zappare nuove porche per nuove piantine, togliere le infestanti, spostare sassoni che avrebbero infastidito la futura rete dell’hortus conclusus (quello chiuso, un’altra abbondante parte è extra-vagantes sotto il porcile), trattare cavolo nero e cavoletti dalle insopportabili cavolaie, spostare i piccoli sassi emersi dalle zappate.

Alle 11 circa sono arrivati anche i Nonni Sorelli, cibo-muniti (con un baccalà alla livornese squisitissimo, il cui sugo pomodoroso ha intriso le patate alla perfezione), per allestire un pranzo della domenica robusto e saporito, arricchito anche di prodotti dell’orto, fra cui le bietole del nostro campo saltate, i pomodori e i carciofi in padella. 

Matilde e il melograno.

Dopo pranzo abbiamo ripreso i lavori, ininterrotti fino al buio, le 18 circa.

Poco prima di merenda, e con una merenda speciale (un gustosissimo, e di cui io sono ghiottissimo, castagnaccio!), si è presentata a Bisarno anche la Zia Dada. Ci siamo quindi fermati sui gradini della scala che conduce all’orto e ci siamo mangiati il castagnaccio e schiacciato qualche noce. La Zia Dada ha poi eseguito una classica partitura delle sue visite in loco: la ricerca della bietola selvatica, che qui cresce abbondante al punto che ci siamo riempiti il frigorifero, coste delle bietole incluse. Le bambine dal momento dell’arrivo della Zia Dada si sono inevitabilmente dedicate al gioco con la loro compagna di giochi preferita, abbandonami alle mie fatiche. La Nonna Za si era messa a spazzare l’aia dal fogliame ormai caduto, seguita passo passo dal gatto Arancino, in perpetua ricerca di carezze (un gatto che si comporta da cane) e io sono rimasto solo nei miei campi, perso e concentrato nel mio lavoro, fra zappa, vanga, piccone, piantine, semi, sassoni e sassini, erbacce di ogni tipo. Zero pensieri e sudata fatica.

La bellezza che nutre.

Alle colture già piantate di cavoli, radicchi rossi e cicorie, abbiamo aggiunto il finocchio, lo spinacio, l’aglio e l’aglione, i baccelli, la cipolla rossa, i carciofi toscani e i carciofi violetti, oltre al porro gigante. Tutte ordinate in file capaci di restituire una struggente bellezza, perché nello stesso cono ottico della casa che si stagliava sullo sfondo.

Sono tutte prime volte per me. Nella scelta delle verdure ho chiaramente seguito le esigenze stagionali e i gusti personali. Vediamo quel che accadrà. Io ci ho buttato tutto me stesso e, stasera mentre fuori diluvia e scrivo la cronaca della giornata, la mia schiena, così come le braccia e le gambe, sono indolenziti e pesanti. Però sono soddisfatto: tutti si sono divertiti, Bisarno ha saputo accogliere anche oggi tante identità, ognuno con la propria esigenza, e gli spettri che aleggiano sopra di noi sono rimasti in disparte.

Una giornata che potrei definire, mutuandola dalla psicologia, di pienezza, di consapevolezza, di mindfulness. Per noi come famiglia una splendida domenica di lavoretti di campagna.

Uno sguardo all’orto di sera.