Contadino con la penna in mano.

Da sopra il cumulo di terra scavato: Bisarno, odi et amo.

Non é vero che scrivere sia una urgenza per medicare la malinconia. Non per me, almeno. Nei giorni brutti – e ne ho, purtroppo – sono arido. Non coltivo né la scrittura né l’azione. Mi arrovello nei pensieri neri. Mi accartoccio in me stesso. Esaspero la mia indole solitaria e profondamente malinconica. Però ci sono i giorni buoni. Che come quelli brutti non si inseriscono necessariamente fra i fatti, gli accadimenti, le vicende buone o brutte. Sono stato male in momenti in cui la ruota girava per il verso giusto e sto trovando, soprattutto in questo periodo, delle vibrazioni positive in un contesto caracollante e non ottimale. 

Bambine intente a spigolare cavoletti!

Domenica sera. Di solito le domeniche sono per me il giorno più difficile. Soffro lo spleen e la tristezza spesso affiora, soprattutto d’inverno nelle ore serotine. Adesso sono sul letto. Ho appena aggiornato Instagram (secondo post in due giorni dopo 6 mesi esatti di silenzio) e sto portando avanti questo mio journal intime digitale, il blog appunto, con la voglia di raccontare, di scrivere, due giorni trascorsi a stretto contatto col mio ambiente, Bisarno, la mia famiglia, a fare, a lavorare nei campi, a organizzare e riorganizzare, a mangiare e bere, a provare, insomma, a vivere questa vita di adesso: una vita che forse avrei tratteggiato diversamente, ma questa é quella che ho e – voglio ribadirmi – non é comunque diventata così orribile come ogni tanto il pensiero malato tende a farmi credere. 

Il sabato era iniziato presto. Colazione al bar con Mati e nonna e poi di corsa a casa dove Sauro, il mio vicino, col quale é nato anche un bel rapporto di amicizia, aveva già iniziato a scavare un fossato per il futuro terrazzamento. Fortunatamente non spirava più la tramontana diaccia dei giorni scorsi e, poco prima delle 18, ormai già a “bruzzico”, quasi buio cioè, abbiamo concluso tutti gli scavi che metteranno Paolo nelle condizioni di fare muro e scala per il terzo appezzamento verso valle. Io ho aiutato con la vanga quando la benna, la pala della ruspettina, rischiava di andare troppo vicino ai tubi della luce, del telefono e dell’acqua e ho anche spostato, accumulandoli in piccole macie, i pietroni che emergevano dal sottosuolo. Ne ho anche approfittato, insieme alle Upupole, per raccogliere un po’ di verdure dall’orto invernale: cavoletti di Bruxelles (amatissimi in famiglia!) e il cavolo nero. 

A cena ci ha raggiunto NonnaZa: bocconcini di rana pescatrice avvolta nel lardo e aromatizzata al limone, patate al forno, cime di rapa e, per dolce, i cenci della ZiaDada. Poi un bel film di Natale, neanche malvagio, Qualcuno salvi il Natale, prima di un sonno rigenerante. 

Il fuoco: purifica e scalda.

Oggi ho approfittato di un tempo ancora discreto, seppur grigio e piovigginoso, per organizzare un po’ il fienile e per fare un po’ di pulito attorno casa, accendendo anche un fuoco nella concimaia. Il crepitio del fuoco che zampillava verso il cielo umido si è confuso con l’odore di agnello al forno lauresco che proveniva da casa.

Entrare dentro il fienile a sistemare é stato anche un esercizio col mio passato recente. La nostra estate si é congelata il 14 agosto e non avevo ancora rimesso via per bene il barbecue, le sedie colorate del giardino, gli attrezzi dell’orto: tutto era ancora in modalità estiva. Ho trovato lì dentro anche tanti indizi della presenza di mio babbo: le sue scarpe da lavoro, il grembiulone bianco che utilizzava per imbiancare, dei listelli di parquet che insieme avevamo portato via da casa sua per sfruttarli a Bisarno, e per prenderli eravamo anche caduti dalla scala… Ho sistemato i vasi di plastica e quelli di ceramica, pronto – fra qualche settimana – a reiniziare la semina di future piantine che andranno nell’orto. Fare ordine é un po’ come guardarsi dentro. E il fienile, scarsamente illuminato, pieno di oggetti ricordo, con gli occhi dei gatti che mi guardavano, scricchiolii al mio passaggio, é stata una sorta di seduta di psicoterapia dalla quale sono uscito purificato. 

Dentro il fienile, un po’ come dentro l’anima.