Cosmonauti in Linguadoca.

In voyage fra la Languedoc e la Provence. Ogni tanto penso a quanto mi abbia dato questo indomito ulissismo, Intanto, paradossalmente, ma neanche troppo, mi ha ancorato al mio paese, “se non altro per il gusto di andarmene”, e ogni volta tornare. Mi ha istintivamente attratto verso strutture da restaurare e far emergere nella loro personalità e che sapessero raccontare la loro storia. Ha inoltre restaurato anche me, un lifting della mia personalità, costruendomi – nella condivisione e nella conoscenza – come persona curiosa, aperta, progressista.
E sto anche cercando di trasmettere questa malattia, l’ulissimo, la voglia di viaggiare e conoscere ciò che è diverso e distante da noi, non necessariamente innamorandomene, anche alle mie bambine. La più grande ha da un mese compiuto 5 anni, ha già preso venti aerei, calcato treni, pedalato su biciclette a rotelle, ascoltato storie antiche su battelli, remato in canoe, percorso decine di migliaia di chilometri. Distingue il guacamole, il gatzpacho e il rocquefort pur amando su tutto il pesto. Ha sguardi curiosi e aperti verso il mondo e gli altri bambini. Sa stare a tavola coi sapori dei vari paesi trionfanti nel suo piatto (nel calice ancora a presto!), curiosare a zonzo per le città, passare ore in auto senza bizzare e camminare fra paeselli, musei, colline, paludi e montagne per il piacere di stare insieme a noi, apprendere, rispettare e divertirsi: perché qualche gioco più bello dell’avere un mondo intero da scoprire? E la sera disegna le sue scoperte in un album di viaggio, il suo personalissimo diario di bordo di questi strani giorni trascorsi sempre assieme, google map, i crackers contro il mal di macchina e la musica da canticchiare.
E ho infettato anche la mia dolciastra metà, l’azzeccagarbugli di casa, la mia compagna che oggi per altro vede – dalle rive del Gard ai piedi del celeberrimo Pont, dove ci troviamo adesso – scorrere il suo trentanovesimo anno! A dirla tutta lei aveva una vita anche prima di conoscermi, e già viaggiava: noi lo facciamo insieme da “poco”. Il primo è stato nel 2002. Lo scorso anno abbiamo festeggiato il suo trentottesimo da Gracia, a mangiare sarde in un locale eclettico e cupo a Barcelona. E se vado a ritroso con la memoria ne abbiamo imbastiti di brindisi esotici! Anche dove il vino era proibito e abbiamo levato succo di uva e tamarindo.
E io sono contento e pieno di orgoglio di avere questa famiglia e questo entusiasmo nel muoverci, viaggiare e crescere tutti insieme. Stasera brindiamo al suo genetliaco con una italianissima bolla di Franciacorta: a noi e alla Francia, emblema di nazione che ha cercato di integrare, farsi una e sincretica, averci regalato l’illuminismo, la libertà di pensiero e l’esempio per fare rivoluzioni e che oggi vede caraccolare, ma non frangersi, le proprie fondamenta ideologiche e culturali.

Le mie donne e il Pont du Gard alle spalle.

Le mie donne per i vicoli di Montpellier.