Coltivare e costruire, che siano piante, muri o relazioni, è il mio modo di accogliere il futuro.
Durante lo scorso anno e in parte anche nel primo periodo dell’inverno, ho fatto molto fatica a vivere dei miei soliti entusiasmi che mi hanno sempre caratterizzato. Per me, abituato a prendere decisioni sulla base delle mie passioni, di certi istintivi sentimenti, avvertirmi cristallizzato, algido, incapace di voglie e pensieri positivi per il domani (quelli raccontati tante volte in questo blog, e che chiamavo scenari e progetti, da Bisarno a certe idee per Ruffino, a viaggi da fare) è stato un vero e proprio shock. Uno shock scoprirmi totalmente diverso da quello che ero, a fronte delle novità che, a ferragosto, avevano funestato, la nostra vita. Non solo niente non era più come prima, ma non mi riconoscevo neanche più caratterialmente.
Più tempo passerà e più forse catalogherò come ovvie queste mie riflessioni, tuttavia il ritrovare in queste ultime settimane alcuni aspetti del vecchio me, certe voglie di fare, di continuare a progettare, a “sognare” mi hanno dato gioia e una qualche parvenza di serenità.
E a ritrovarmi mi ha soprattutto aiutato la mia casa, la mia unità familiare, l’aver reiniziato, inizialmente con fatica e quasi tirato per i capelli, le operazioni di restauro, le murature, certi abbellimenti. Oltre a questa mia passione per il verde: mi sono scoperto a entusiasmarmi per la nascita di un bulbo, i risultati dell’orto invernale, gli alberi da frutto in fioritura, la germinazione dei peperoncini, la cura per le aromatiche e per gli agrumi, o ad agitarmi per alcune piante durante la gelata tardiva notturna dell’altro giorno…
E ritrovando anche vecchie care paure (le tante spese che richiede Bisarno) e che oggi ci sembrano irrisorie al cospetto dei problemi che affrontiamo, mi ha in parte riportato a quel Francesco che ero prima del 14 agosto, seppur molto diverso per spirito e per la fragilità che queste antiche emozioni risvegliatesi dopo il letargo mostrano alla luce della nuova quotidiana.
Ma è un qualcosa a cui mi ci aggrappo, questo ritrovato “sentirci”. Il nuovo muro di terrazzamento è splendido, sto imparando molte nozioni agronomiche, la testa ha ripreso a sprigionare idee, riparto volentieri per una trasferta di lavoro e sto anche imparando a usare le mani (con la zappa, con la mestola, con la vanga, con la semplice nuda forza).
Un nuovo Francesco edificato sui pezzi di quello vecchio.