Sveglio dalle 4 e 30 del mattino. Il jet lag è ben presente. Il letto è caldo. Fuori sibila un vento di Libeccio furioso e implacabile. Lo stesso che ieri ha impedito il mio atterraggio all’aeroporto di Firenze, facendomi sbarcare in una nevosa Verona dopo un viaggio lungo un giorno e più. Mi alzo e cammino a piedi nudi per le stanze. Piove e ha piovuto. E la pioggia trascinata dal vento dardeggia contro le finestre. Sono tutte bagnate. Da una l’acqua è riuscita a filtrare. Intanto la prima fioca luce combatte contro la notte invernale, e fa fatica a emergere. Attorno a me dormono tutte. Il rumore del silenzio. Respiri pesanti, colpi di tosse, qualche starnuto. I motori in lontananza e le strisce di luce dei fanali delle prime sparute auto in movimento verso il lavoro. Sono di nuovo a casa. È dicembre. Inverno. E tutto sommato sono contento.