In direzione ostinata e contraria

Quante cose abbiamo fatto negli ultimi due anni? Potrei direi forse da quando è nata Matilde, nel 2011, e poi Costanza, nel 2014. Ma la nostra vita ha preso una direzione lucida e sognatrice, folle e razionale dal 30 dicembre 2015, giorno dell’acquisto di Bisarno. Da quel momento, Bisarno è diventato il centro del nostro piccolo mondo antico. La nostra essenza si è incanalata nel restauro e di come restituirlo, nel complicatissimo sostegno economico a questo sogno, e nell’articolata creazione e coordinamento della squadra che ci ha affiancato durante i 19 mesi che hanno preceduto la nostra prima notte nella nuova casa il 3 luglio 2017.  La stessa squadra che ancora oggi lavora per il conseguimento finale dell’opera che ci appare sempre più magna ed eterna.

Attorno alla casa abbiamo polarizzato un nuovo modo di vivere, cercando di incarnare le usanze, la bellezza e la quiete della vita di campagna, elevando a nostra filosofia l’accoglienza, la condivisione, la convivialità. Col recupero di questa antica casa contadina abbiamo aggiunto al nostro modo di essere consuetudini genetiche che ci hanno tramandato i nostri nonni, e prima ancora i loro: la dolcezza, gli affetti, i gesti, il sorriso, le tavolate, il pan con l’olio, il pane sciocco. Ma anche il saper essere forti nelle situazioni complicate, il non buttare via niente, il riuso, l’arguzia dissacrante, una certa disincantata ironia. Quest’ultima una conquista ancora da padroneggiare.

È molto bello essere educati dal sistema casa di campagna e trasferire ai nostri figli questi indottrinamenti ambientali: rispettare la fatica di chi ha cucinato, mangiando tutto quello che é nel piatto, dare un po’ di quel che si ha a dei gatti selvatici che vivono attorno la casa, raccogliere i frutti, coltivare con cura in attesa di poter raccogliere, tenere in ordine.

Poi la bellezza. La ricerca della bellezza. Abbiamo cercato di preservare un ambiente che ha saputo essere spontaneamente bello e a sua volta ci ha ammaestrato bello: un bello semplice, essenziale e necessario. Un bello nutriente. Le architetture povere di pietra e mattoni, l’aia, le finestre arcuate, il vecchio forno del pane, la cipresseta di Nipozzano che ci sovrasta, i campi di grano dove anche stamani correvano i caprioli, la collina di Montefiesole e la Pievecchia, le vigne, poi gli olivi e le case turrite, le ville e i fienili.
Con tutte le modernità che il progresso ci ha fornito e delle quali anche i nostri nonni avrebbero volentieri beneficiato, ci nutriamo ogni attimo di questo bello pacificante, di questa storia che si tramanda, di queste mura secolari, di questa aia accogliente, di questo camino il cui canto non ha mai smesso di accogliere parole e racconti nelle notti più fredde.

Continuo a sfogliare le foto di due anni fa: la casa appena comprata. I ponteggi issati. Alcune sono grigie e piovose come le incertezze davanti. Ma più scorro più i colori emergono. Noi che ci facciamo selfie allegri. Le murature recuperate. La fioritura del ciliegio. Le finestre che sembrano occhi spalancati al paesaggio e al domani. L’aia restituita con le lastre dissotterrate e poi riposate. Tante foto di bambine festanti nel cantiere recintato la domenica. La posa della resina. L’arrivo della cucina. La prima sera, ed eccoci al 3 luglio, noi 4 nell’aia, una caprese e la casa che ci abbraccia coi suoi colori corda e arancio.

Io e Mati in cantiere
Laura a dicembre 2016
Espressione stravolta
Mati sempre allegra

Vedo questo progresso per immagini e penso, con ancora addosso le risolute emozioni, a quando ti avevo detto “ho trovato la nostra nuova casa”. Noi che vivevamo serenamente in quello che era il nostro suggestivo nido e stavamo ipotizzando della necessità di qualche metro in più per la secondogenita. Da allora Bisarno ci ha travolti. E senza rimpianti, con immutate paure ed emozioni, proseguiamo insieme il suo recupero, che è un po’ anche il nostro. Senza fretta – già ci viviamo nella casa -: non conviene davvero bruciarsi la bellezza di questo viaggio.