Erice

Il borgo siciliano di Erice si arrocca a circa 800 metri in cima all’omonima montagna, Monte Erice, che domina la costa trapanese e il mare azzurro delle Egadi.

Erice è una cartolina cantata nel tempo dai più grandi poeti classici: Catullo, Ovidio, Virgilio. Durante i secoli si sono avvicendati popoli e culture – greci, romani, fenici, spagnoli, normanni –  , nel più classico sincretismosiciliano, popoli che hanno sempre rispettato il genius loci, ossequiandone la bellezza naturale con costruzioni civili, militari e religiosi di pari grazia e suadenza. 

La pietra è la chiave di lettura del borgo. Erice si inerpica per viuzze acciottolate, alcune così strette da permettere a malapena il passaggio di una persona, con case pietrose frequentate sia da scienziati (vi è anche la Fondazione per la Scienza del grande scienziato Antonino Zichichi, dedicata a Ettore Majorana, il geniale fisico della “scomparsa misteriosa e unica” cantata da Franco Battiato in Mesopotamia) che da artisti contemporanei – con gallerie sia di arte moderna che di artigianato locale: le maioliche colorate, le pigne e i re normanni portafortuna, i tessuti dai drappi arabescati, i quadri di giovani pittori.

Le numerose chiese – se ne contavano più di cento, ora poche meno -, le intime piazzette, le porte, il Duomo, il Castello di Venere con la fortezza di età normanna, le mura elimo-puniche, le conferiscono una formale austerità dal sapore medievaleggiante e con qualche moderno innesto eclettico (come la deliziosa Torretta Pepoli, da dove nelle giornate terse si vedono persino le Egadi), temperata da un senso classico della misura, dalla presenza di alcuni incantevoli giardini e addolcita dai profumi inebrianti delle numerose gelaterie e pasticcerie, fra cui la celebre “Maria Grammatico” e le sue ancora più celebri “genovesi”, paste frolle ripiene di crema e ricotta.  

Se infatti la pietra è l’elemento fisico dominante, il profumo di mandorle, di tostature, di pasta frolla, di lavorazioni dolciarie, è l’elemento immateriale e seduttivo che avvolge Erice e la trasferisce in una dimensione altra, sognante e fiabesca.

Tanto più se si ascende al paese attraverso la funivia che parte lambendo il mare di Trapani, dove si sale accaldati, e al primo passo fuori dalla stessa, in cima al paese, si è costretti di fretta a togliere occhiali da sole – una avvolgente nebbia non è rara neanche d’estate – e indossare abiti più pesanti.

Erice, oggi, è sia un rinomatissimo e meritato centro turistico di suggestiva beltà ma ha, ancora e soprattutto, una viva centralità nel dibattito scientifico mondiale. Il “Manifesto di Erice”, edito dalla Fondazione per la Scienzanel 1982, promuove una scienza orientata ai valori, condivisa, volta al bene pubblico. Una dichiarazione laica, senza confini e progressista, che ripudia studi sulle armi, che a oggi ha visto, in quasi 40 anni di vita, l’adesione di circa 10.000 scienziati da oltre 126 paesi di tutto il mondo.

Tutto questo rende ai nostri occhi il piccolo borgo di Erice un luogo ancora più magico.