Mi mancava anche quest’ultima invasione zoologica a Bisarno.
Giornata di lavoro trascorsa consecutivamente in comitati seduto in ufficio. La sera abbiamo la cena di Natale a Poggio Casciano. Ho poco tempo per cambiarmi e riassestarmi un po’. Sono anche nervoso perché l’umore è quello è e Poggio Casciano rappresenta in queste ore una sorta di casa degli spiriti: le emozioni che provo sono ancora troppo violente e non mi piace farmi vedere, soprattutto in un contesto lavorativo e in mezzo ai colleghi, troppo scosso e poco padrone dei miei sentimenti. Ci mancherebbe anche arrivare in ritardo e farmi vedere da tutti.
Cogitando meco di ciò, apro sovrappensiero la porta di Bisarno e salgo velocemente le scale che portano al piano notte. Entro in camera e di lì nel bagnetto pertinenziale. Apro l’acqua per lavarmi i denti e sento improvvisamente, al mio fianco, uno stridio animalesco acuto e arrabbiato. Mi giro repente verso la finestrella a pochi centimetri dal lavabo e vedo in casa un falchetto ad ali aperte che mi urla contro dalla soglia interna della finestra. Mi ritraggo repente spaventato. Riesco anche a fargli una foto mentre cerca di allontanarsi dalla finestra socchiusa. La stessa da cui forse era entrato al mattino (confesso: la mi deiezione mattutina necessitava di imponente aerazione!) e dalla quale cercava adesso la libertà. Consigliato al telefono, provo a lanciargli un asciugamano per catturarlo e poi liberarlo, senza rischio di artigliate. Nel mentre che l’ascigamano libra verso la sua preda, il falco lo guarda e con un annoiato saltetto in laterale lo evita in scioltezza e si libra in volo verso la camera, da lì verso il corridoio e poi verso la stanza torre, ogni volta puntando contro finestre (chiuse) e sbattendoci rovinosamente contro, illudendosi della libertà riflessa sui vetri.
Fortunatamente ho avuto un attimo di sangue freddo per aprire entrambe le finestrone della torre e il falco ha potuto finalmente, dopo 15 lunghissimi minuti di me e il pennuto e chissà quanti in più del pennuto già in casa, ritrovare i suoi spazi aperti. La prima sosta è stata nella porta del grano del fienile, accompagnato il di lui riposo dallo sguardo interessato e vigile delle gatte.
Sono andato alla cena aziendale sperando che fosse solo stanco e che a breve avrebbe ripreso le sue “geometrie esistenziali”, come canta il maestro Battiato in Gli Uccelli. Cosa avvenuta l’indomani mattina, dopo una notte di riposo in libertà, alla prima luce.