Giorno 13. Una domenica a casa.

Non ho dato la continuità al diario, come mi ero prefisso. In realtà, sembra un paradosso ma sono coi minuti contati: il lavoro-agile che è arrivato a occuparmi anche 10 ore, la gestione della casa, le telefonate, i gruppi WhatsApp, le dirette Facebook, le bambine sempre qui, i primi lavoretti nell’orto e nel giardino.

Per adesso il tempo corre. Siamo secondo me neanche a metà del percorso di quarantena e progressivamente le misure si fanno via via più restrittive.

Io vivo questi giorni con una relativa serenità. Ovvio, sono affranto per i decessi, per le attività commerciali che soffrono e soffriranno (non è che a pandemia finita avremo tutti il portafoglio pieno per andare fuori a far baldoria), per i medici, gli infermieri, tutti gli operatori sanitari che stanno dando il massimo, ma tolto questo doverosissima premessa – che mi porta a stare a casa e a eseguire dogmaticamente le restrizioni imposte), sto, stiamo bene.

Forse torna utile tutto il percorso su di me fatto a causa dei bruttissimi momenti trascorsi l’anno scorso e fino a pochi mesi fa. Questa del virus davvero mi pare una sciocchezzuola. Paura (e terrore, e disperazione) ne ho avuta tanta. Ne ho ancora ma cerco di non pensarci.

E, ribadite le premesse qui sopra, cerco quindi di vedere l’altro risvolto, il lato sorridente del volto che anche piange, e provo a inquadrare questo momento storico eccezionale una occasione per far lavorare la testa, l’intelligenza, la creatività, mantenendo la lucidità e la presenza.

E quindi, ogni giorno cerchiamo di fare qualcosa, di imparare qualcosa di nuovo, cerchiamo di aiutare, sia con l’azienda, per la quale ho contribuito a creare un meraviglioso progetto di raccolta fondi per la sanità italiana, sia nella mia sfera diretta di competenza professionale, la comunicazione e la brand experience, pensando e mettendo nero su bianco progetti, idee da realizzarsi appena possibile. E ne stanno venendo molte di proposte: dalla Radio Ruffino, alla diretta Facebook, a un progetto di food delivery (vediamo se lo fanno fare) che ha molto per il sociale, fino ad altre visioni – ecologiche, umanistiche, un po’ spirituali, nel mio modo di esserlo – che trovo davvero elettrizzante pensare e provare a far vivere.