La nave è salpata. Quasi non si vedono più i lidi lasciati e le prime inquietudini del mare aperto cominciano ad affiorare. È un periodo pieno e sono contento delle tante sfide in atto, ma certo si fa fatica. Al lavoro sono in dirittura di arrivo su un progetto editoriale che mi ha appassionato per oltre un anno, ma ormai ne sono esautorato: l’ultimo miglio è, come sempre, il più duro. Dopo un venerdì nervosissimo e una serata piacevole a quattro con amici fiorentini, stamani un risveglio prestissimo – ancora era buio – dopo una notte lisergica, a scrivere e revisionare i testi fatti. E, a metà mattinata, subito gli abiti da muratore e via alla casa a portare via intonaci (ormai ne abbiamo stoccati tanti): “Sei più credibile da intellettuale che da muratore” – ha chiosato la mia dolciastra metà, castrando subito gli entusiasmi con cui mi ero apprestato, come ogni volta, alla mia pomposa vestizione edile. Certo, non potrò andare avanti per troppi sabati così, senza respiro fra il lavoro vero e le fatiche della casa. Nel pomeriggio, però, una piacevole sorpresa: si sono presentati i miei amici storici e mi hanno aiutato, insieme al mio babbo, coi calcinacci. Badile, secchi, accumula – badile, secchi, accumula – badile, secchi, accumula e in poche ore siamo riusciti a ripulire la casa dalle demolizioni che i muratori avevano lasciato a terra nei giorni precedenti. Fuori, l’ennesima giornata di pioggia battente, un gattino bianco con una chiazza arancione sotto il collo a cui mi sono ormai affezionato (ma non ha gradito il biscotto offerto) e che, direi, vive in casa, e uno dei tanti alberelli dell’aia, il susino selvatico, coi primi fiori. Mi ha fatto piacere notarli: la primavera non è lontana.
Archi e travi riportati a vista dopo la demolizione degli intonaci. |