Una perla, uno zaffiro, un rubino: sono i tre doni del quarto magio Artaban, che mai arrivò mai alla mangiatoia per aiutare i bisognosi durante il suo cammino. E così, mentre il mondo celebra la mirra e gli albi d’oro, noi Viola godiamo, e tanto, per lo 0-3 estemporaneo, unico e irripetibile dell’altra sera quando una delle più derelitte Fiorentine di sempre ha demolito la tracotante Juventus dei 9 scudetti di fila. E ci ritorna in mente la storia di Artaban, il quarto magio.
Tutti infatti sappiamo dei tre magi che portarono doni al nascituro a Betlemme. Mentre quasi nessuno conosce la storia, poco raccontata, di Artaban, il quarto magio, che mai arrivò alla mangiatoia e che nessuna iconografia da Presepio mostra mai.
Pur viaggiando almeno inizialmente con gli altri re, Artaban, che recava pietre preziose, si imbattè, nel suo lungo cammino guidato dalla stella, in dei bisognosi da aiutare che lo allontanarono dal fine ultimo del suo percorso, dagli altri magi e, in definitiva, anche dai libri di storia.
Artaban è un eroe che nessuno ha mai celebrato. I Re Magi sono per tutti tre, del resto il tre è un numero magico, e tutti pensano all’oro di Melchiorre, all’incenso di Gaspare e alla mirra di Baldassarre.
Artaban con sé aveva uno zaffiro, un rubino e una perla. Vuoi mettere, altro che la mirra…
Eppure, Artaban tende a distrarsi, a deviare, a disubbidire, a prendersi cura dell’altro, a preferire l’incerto, l’indugio, il gesto schivo, l’aiuto non richiesto: curando un medicamentoso, proteggendo una famiglia dai legionari di Erode che volevano ucciderne il primogenito, salvando una fanciulla da una violenza carnale. Nel mentre, la ritrattistica ufficiale e la storia consacravano a icone imperiture la mangiatoia, l’asinello, il bue, Giuseppe e Maria e i tre e solo tre magi che erano arrivati dona ferentes attorno al bambinello. E fra le statuette del Presepe oggi è possibile trovare Maradona, Che Guevara, politici, personaggi vari, ma mai – ho anche googlato per esserce certo – Artaban.
I posteri, insomma, non hanno avuto dubbi sull’ardua sentenza, per dirla col Manzoni, e hanno dimenticato Artaban e la sua storia, disconoscendone la gloria.
Io no. Per me fu vera gloria. E credo che nel profondo chiunque di noi, non possa trovare affinità con questo personaggio di straordinaria complessità e attualità che per il suo percorso di vita scelse le strade non dritte, preferendone le deviazioni e gli sterrati, rinunciò alla fama, anteponendole i bisogni altrui, e che, sopra tutto, riuscì ad assecondare quello spirito ribelle, irrequieto, errabondo, dubitativo, aperto, che fa fare all’umanità dei piccoli ma significativi scarti in avanti e a cui è impossibile non volere bene.