L’estate ha cominciato a farsi sentire nelle ultime due settimane, con tanta umidità e tantissime zanzare. È un buon periodo, a ogni modo. E le imminenti vacanze ad Amsterdam mi stanno portando ulteriore entusiasmo che investo fra il lavoro, fra piccole attività collaterali e, soprattutto, la cura di Bisarno e la ristrutturazione, lentissima, ma goduta in ogni suo aspetto, del fienile che, dopo la meravigliosa storia del BAR(N), il mio studio – cantina, adesso sta attuandosi al piano terra, al primo piano e all’esterno.
La più bella novità è l’installazione della scala di connessione fra il piano terra e il primo piano del fienile. Da quando posseggo Bisarno l’accesso all’ultimo piano del fienile era soltanto attraverso una ripidissima scala di ferro che sbucava in un passaggio stretto: a salire con un po’ di fatica ancora ancora riuscivo, ma poi a scendere ogni volta era un patire. Di conseguenza, avrò visitato uno dei luoghi più suggestivi di tutto il complesso, l’ultimo piano, solo 4, 5 volte in quasi 10 anni. Ma, ogni volta che riuscivo in questa meravigliosa ascesa, rimanevo sempre affascinato dalla bellezza architettonica e dal sapore vissuto, dal carico di storia semplice, di bellezza necessaria e involontaria, di quell’ambiente. A tetto, appena alzati gli occhi, una meravigliosa capriata teneva in magico equilibrio travi mangiate e mattoni consunti. A terra, un cotto macero, liso, consunto nel centro da qualche peso (lo stoccaggio di grano? Di uva?), calpestato per secoli. Uno specchio gigante consunto, con una screpolata cornice dorata addossato a casaccio a una parete, e una formaggiera penzolante da una trave, rendevano la mia vista nostalgica, sospesa in un tempo passato, come in una natura morta. Nelle pareti, gli straordinari mandolati in mattoni intrecciati, volti a mantenere ombroso e ventilato l’ambiente, restituivano dei giochi di luce – ombra sognanti. E poi l’odore, fra la polvere, il grano ammuffato, un po’ di stallatico, di cassetto della nonna. L’ultimo piano mi aveva sempre donato emozioni profonde e non vedevo l’ora di poterlo visitare con più frequenza.
Adesso, salendo con la comoda scala, l’ultimo piano è comunque un po’ cambiato a causa dei lavori sul tetto e nel solaio. Lo specchio dorato l’ho restaurato e fa mostra di sé in casa. la formaggiera è andata distrutta, ahime, ma era davvero lisa. Il pavimento è stato rifatto e alcune travi della capriata rimessa. Stiamo intervenendo per rendere abitabile quello che per 200 anni è stato un luogo di lavoro, ma la bellezza è ancora assoluta e la nuova scala è perfettamente integrata con questo sapore antico e moderno al contempo.
Arrivare al disegno definitivo della scala non è stato facile. Ovviamente, hanno gravato sulla decisioni mille obblighi burocratici, di sicurezza, di conformità, sulle quali, purtroppo, non posso che alzare le mani e prendere diplomatico atto. Avrei voluto farci una scala a chiocciola, ma non potevamo. Abbiamo quindi optato per l’unica soluzione che ci rimaneva: una scala centrale che raccordasse i due ambienti storici con leggerezza contemporanea, dialogando col passato tramite l’utilizzo del ferre e col presente attraverso un disegno molto moderno, e mantenendo il traguardo, la possibilità di vedere attraverso fra due elementi molto suggestivi del piano terra su cui insiste la scala: l’antica porta in legno del fienile e la vecchia e macera finestrella sulla parete apposta. La scala ha un armonioso e leggero movimento alzata seduta. Ha un doppio accesso, uno per lato. E finisce al piano alto con una balaustra protettiva altrettanto minimale e integrata.
È un passo, forse neanche così grande, ma psicologicamente per noi si, per arrivare alla fine dei lavori e per poter finalmente dare vita al nostro piccolo, suggestivo, bed and breakfast che speriamo davvero possa essere pronto per l’estate 2025.