L’attesa del virus è il virus stesso

Sono quasi arrivato a Miami. Ho comprato internet in volo ma, per quanto poi lo ho pagato, il servizio è davvero pessimo. Tuttavia, mi è bastato per leggere tutte le ansiogene novità del coronavirus.

Sarà che la vita ci ha messo davanti a statistiche ben più temibili, e ci ha allenato deinde nella gestione del presente, che so cosa sia la paura e in questo caso ne abbia poca, e sarà che una sana dose di logica non mi sia mai mancata, ecco, io non riesco proprio a farmi allarmare dal virus. Anzi, trovo stupidi, come stupide mi appaiono ormai quasi tutte le ultime scelte politiche mondiali, certi isterismi che rischiano davvero di essere più pericolosi del virus stesso.

Non nego che il virus sia un problema: serio e da non banalizzare. E che si propagherá come ogni altro virus, indebolendosi, arrivando anche in Toscana.

Però, se è vero, e non lo dubito, che il virus ha una mortalità bassissima, peraltro situata fra gli immunodepressi e gli anziani, che si configuri nella stragrande maggioranza come una banale influenza, che si guarisca quasi sempre in circa tre giorni, può far solo paura e diventare pericolosa la strumentalizzazione del virus.

Insomma, l’attesa del virus è il virus stesso.

Ci saranno ripercursioni economiche e sociali e ci sarà chi saprà guadagnarci su queste fobie. E questo è l’aspetto che più mi preoccupa: come reagirà l’economia. Il turismo. I servizi. La ristorazione. Rischiamo di rimetterci tutti. Ci saranno i politici beoti che scherzeranno stupidamente su questo pericolo, banalizzandolo anche troppo, e altri che altrettanto beotamente lo ingigantiranno, paragonandolo alla peste, alla guerra, alle cavallette dal cielo. Mancheranno magari le strutture ospedaliere in grado di accogliere i tanti contagiati: e questo è l’altro aspetto che un po’ mi inquieta. Ci saranno, a corollario, milioni di vaticini, cattiverie, isterie, razzismi, facezie, idiozie, sarcasmi su Facebook. 

Ma non vedo, oltre questi peggiori scenari possibili, quasi tutti edificati sulle paure ataviche del popolo, e a fronte di corretti e sensati comportamenti che io per primo attuerò e auspico che anche gli altri attuino (ci sono comporti da genere umano, non da lemmings, quei simpatici animaletti che si suicidano in massa per contenersi nei numeri), nessuna apocalisse. Nè now, nè domani.