La promessa delle mattine.

Le colazioni all’alba quando mi trovo, come adesso, in Nord America, sono un rituale quasi mistico che ricorre e si ripete viaggio dopo viaggio. Malgrado tuti i miei tentativi di assorbire il jet lag attraverso giornate calme, senza caffeina, con l’aiuto di camomille e melatonine assunte in gran quantità, meditazioni pre sonno e quant’altro, la mattina successiva, meglio dire poche ore dopo i tentativi di addormentarmi, soprattutto i primissimi giorni dall’arrivo, mi ritrovo puntualmente sveglio alle 4.30, alle 5 massimo.

E, regolarmente, mi trovo a cercare bar (bar che devono essere ottimi, ben recensiti, coi migliori caffè ed eccellenti paste) per potermi un po’ scuotere e mettermi in piedi, ritrovarmi, sia fisicamente che mentalmente: Il caffè, la colazione sono importanti, l’unico dogma italiano che rispetto, prima di aprirmi a tutti i sapori dei luoghi dove mi trovo.

San Francisco, Vancouver, NYC, Montreal, Toronto, Los Angeles, Miami. In ognuna di queste città ho ricordi nitidissimi di colazioni fatte prestissimo, da solo, stordito dalla stanchezza, da un po’ di straniamento e dalle emozioni di trovarsi in viaggio, in un meditabondo ma in fondo costruttivo confronto con se stessi.

Quante pagine si sono consumate in queste albe lontano da casa, lontano dalla vita frenetica del giorno, lontano da tutto. L’esatto contrario dei viaggi in Oriente, dove, causa orologio spostato in avanti, le mattine sanno di sonno peso, piena notte fisiologica e tirarsi giù dal letto è pura violenza.

Stamani mattina mi trovo al Cafe Olimpico di Montreal. Negli anni 70 un immigrato romano decise di cercare fortuna in Quebec aprendo un bar e portando un buon caffè e buoni cornetti, un pezzo di Italia lontano da casa, qua a Montreal. Mi sembra ancora di sentirla la ferita della lontananza dall’Italia, in parte lenita cercando di riprodurre quei rituali. Dopo 50 anni ci sono 3 Cafe Olimpico in Montreal, e altri pronti ad aprire a Toronto e Ottawa, ma l’atmosfera del bar di borgata, bancone in legno, tavolini in marmo, macchina del caffè Cimbali, è quella dell’Italia un po’ passata e del tentativo di consolarsi dell’italiano lontano dagli affetti di casa. Anche la televisione che manda in loop le immagini della Roma dello scudetto sono un tocco vintage. Il cappuccino è discreto, il cornetto un po’ meno ma per me sono come le madeleine per Proust, i biscottini del ricordo: masticare e assaporare lentamente sotto le luci al neon e al sibilo litanico della macchina del caffè mi perme di viaggiare verso altri ricordi, verso altre albe. Ricordo albe a Wall Street di domenica mattina, rivelatosi – fuori dai ritmi folli dei giorni di lavoro – un village delizioso. Una Vancouver poetica in cui in uno dei primi specialty coffe bar, ricevetti i primi disegni del bagno della futura Bisarno, Bisarno tutta ancora da venire e ai tempi macerie in lunga ristrutturazione. O il meraviglioso bar dell’High Line Hotel a Midtown, con caffè da chicchi macinati nel momento e i giornali impaginati in una stecca di legno. O del mitico viaggio di nozze negli Stati Uniti, per una volta in famiglia, in cui alle 6 ci aggiravamo per Brooklyn senza anima via. Key West in Florida con un pancake alle 6 in un MacDonald (proprio io!). O lo Starbucks a Times Square in una delle prime trasferte newyorchesi (dico prime perché poi una volta vista ho sempre girato alla larga da Times Square) con apertura alle 5.30: la piazza deserta e i led dei grattacieli che sembravano essere solo per me, e per gli operatori ecologici che stavano pulendo le strade. 

Di tutte queste mattine ho un ricordo prezioso. C’è una sorta di confortevole abbraccio, di presenza nutriente che al momento non si coglie ma che poi resta addosso nelle mattine da solo all’alba in Nord America. Anche le città appaiono più umane, fragili, aggraziate – la pioggia di stamani in una deserta Montreal del sabato mattino è un esempio perfetto. Mentre molti momenti dei viaggi si perdono fra le onde del tempo, queste mattine sono ancora tutte lì, nel loro essere semplici momenti di vita che negli anni mi hanno fedelmente accompagnato nel loro sapore di caffè, di lampioni ancora accesi alle prime luci del mattino, di poche persone indaffarate nei loro lavori umili, di poco traffico e di promesse tutte da schiudere.