L’esercizio della bellezza

Mi gusta poco la musica di Roberto Vecchioni, ma quelle poche canzoni che mi piacciono le trovo di una bellezza sconcertante: non sono un tifoso dell’Inter e quindi non parlerò di “Luci a San Siro”, mentre – in queste ore buie, the darkest hours avrebbe chiosato severo Churchill – mi trovo spesso a canticchiare i versi di “Sogna Ragazzo Sogna”.

Novembre può essere bello. Persino novembre 2020, quello della pandemia, delle tensioni sociali, economiche e, in fine, sanitarie. Si, il novembre 2020 appena principiato. Quello dei paventati lockdown, degli arzigogolati DPCM (i DePeCheMode, come ho visto in una geniale vignetta), delle rime buccali, dei geniali banchi con le ruote, dei paucisintomatici, di un ministro della salute che si chiama Speranza, della lattoferrina, di politici che protestano contro loro stessi manco fossero protagonisti di una novella di Pirandello. Quello di tanta paura, tanta disperazione, tanto buio.

Ieri ho passato la giornata in un campo. La nebbia fin dal mattino immalinconiva il paesaggio già necrotizzato – lo si nota dai colori cupi e sanguigni – dall’imminente inverno. Ho ridistribuito i miei carciofi, le cui foglie erano mangiucchiate dalle lumache: dalla pianta principale è possibile ricavarne altre e piantarle più là… Ho vangato il terreno, da cui sono affiorati tanti lombrichi. Ho potato e alleggerito un paio di olivi e un fico. Non ho potuto fare a meno di notare che in natura, così come nella vita, amore e morte sono strettamente correlati: si taglia per favorire la crescita, si distrugge per far rinascere, si sottrae per avere di più, si fa soffrire per ottenere frutti più dolci: è tutto un ossimoro, un virtuoso gioco di contrasti in armonia che si ripete: “la vita è così grande che quando sarai sul punto di morire, pianterai un ulivo, convinto ancora di vederlo fiorire”. E quanta bellezza in questa danza di contraddizioni? Più ci si avvicina alla fine, di una stagione, di una vita, di una storia, più i colori e i sapori sono intensi: avete mai affondato le fauci in un caco surmaturo?

Praticare la bellezza può sembrare un consiglio vacuo, soprattutto a novembre 2020, quando i problemi ti ancorano a un presente pastoso e complicato. Lo so. Ma la bellezza può davvero aiutarci, non tanto a risolvere i problemi ma a nutrire la mente per conviverci meglio. Dedichiamoci a una canzone, quella magari che più amiamo, gustandosene le parole, compriamo una pianta e prendiamocene cura, abbrustoliamo un po’ di pane e cospargiamolo di olio nuovo, disegniamo, chiamiamo l’amico che da tanto non sentiamo per ascoltarlo, con la scusa di accompagnare i nostri figli rimontiamo su un altalena e facciamoci togliere il fiato dai ricordi…

OK, magari la bellezza non salverà proprio niente, manco il mondo. Il virus sarà ancora con noi. Ma non lo sarà per sempre. E nel frattempo, avremmo decorato un attimo, lenito le nostre paure, accantonato le nostre preoccupazioni, addolcito le nostre amarezze. Perché la vita una sola rimane, e tanto vale provare a viverla, perché “la vita è così forte che attraversa i muri per farsi vedere, la vita è così vera che sembra impossibile doverla lasciare”.