Miami e le Keys, 5 – 11 agosto!

Venerdi 5, arrivo a Wynwood.

Dopo un volo perfetto, inclusa la non addizione economica sui bagagli (evvai), eccoci a Miami! Occhiali da sole, cappello di paglia e tanto entusiasmo! Entusiasmo del resto subito esponenzialmente ingigantito dal nostro appartamento: wow, che roba! Piscina al roof con vista sui grattacieli di Brickell e di Downtown, palestra al basement, materassi sofficissimi, domotica, tv in ogni stanza, circuito di condizionamento con filtri, elettrodomestici evolutissimi. Meraviglioso!

Ci troviamo a Wynwood, il quartiere più artistico di Miami. Tutti i building sono affrescati dai migliori street artist internazionali, ci sono dei locali pazzeschi, brewery indipendenti, fashion store, una certa gastromistica in stile industrial in capannoni convertiti. Wynwood mi ha immediatamente esaltato, si.

Neanche il tempo di esaltarci per l’appartamento che, pochi passi, abbiamo trovato una brewery artigianale, dal chiaro afflato latino, con cibo messicano e soprattutto birre pazzesche (una al mango una delle più buone della mia vita), in un ambiente trendy, elegante e molto “Miami”: Veza Sur il nome della birreria. Poi un po’ di tempo in piscina, relax, e anche per cena, dopo la merenda di cui sopra, una altra esperienza davvero divertente, un giapponese fusion, Krudos, sempre nel nostro quartiere di Wynwood che esploreremo nei prossimi giorni!

Sabato 6 agosto: Miami Beach!

“Buongiorno Miami”: questo l’entusiastico risveglio di Matilde, dopo le mogie inquietudini che la attraversavano nei nostri pellegrinaggi newyorchesi, soprattutto dalle parti di Bed-Stuy! E come non partire subito dalla Miami più conosciuta, quella delle riviste, dei grattacieli sull’oceano, dell’art deco e delle colorate cabine di salvataggio sulle spiagge infinite, quella di Miami Beach, una delle tante isolette che compongono l’arcipelago di Miami?

Purtroppo il mare non era bello come me lo ricordavo nelle mie due precedenti trasferte in questa città: una volta a ottobre, una volta a febbraio. Adesso siamo in una delle stagioni meno consigliate, piuttosto calde e afoso con cielo prevalentemente foschioso e vessato da continui acquazzoni. E il mare è mosso, con correnti sottomarine forte e tante alghe.

Ma benissimo lo stesso! Che atmosfere, che frenesie a Miami Beach. Si, forse un po’ trash, anzi senza forse, forse dominato ormai solo dai latinos, ma pace. Pappagallini verdi, signore rifatte, ritmi latini, atmosfere cubane, il pieno eclettismo della Florida, danze e musiche ovunque, hotel svettanti, spiagge ampie con cormorani, tartarughe in spiaggia, dietro i grattacieli splendide mansion in art decò, le iconiche e coloratissime cabine dei baywatch. A pranzo taco messicani, gustosissimi, una bella birra gelida, Modelo Pacifico (eheh, si gioca in casa), poi di nuovo a zonzo per South Beach, a guardare le vetrine, entrare nei negozi, vivere al massimo questa incredibile vacanza. Convengo con la Corsi che Miami Beach sia un po’ volgarotta, ma io adoro l’art deco, l’oceano turchese e la voglia di vivere scanzonata, un po’ sguaiata ma allegra, ha il suo perché. Solo un po’ e una volta nella vita, mai per viverci. E sapete che cena abbiamo fatto? Delivery di UberEats con taco nella nostra splendida piscina! Ahhh bene! Diventeremo dei messicani ad honorem, da quanto cibo messicano ci stiamo ingurgitando!

Domenica 7 agosto, visita del quartiere di Wynwood e cena a Brickell

Dal 1998 Wynwood è diventato il tempio della street art mondiale. E dei birrifici. E delle boutique. Una giornata a passeggio fra gallerie d’arte, negozi, birrerie. Ci sono tutti e dico tutti i più grandi artisti di strada del mondo, che hanno lasciato nei wall di Wynwood una loro opera. Muri, capannoni, edifici industriali, una zona una volta di lavoro, stoccaggi e logistica, ora divenuta uno hub imprescindibile per chi voglia immergersi nell’arte moderna. Aggiungo anche che Wynwood è divertentissima anche per la ristorazione e per le birrerie, oltre che per acquistare costosissimi abiti (non noi) in boutique eleganti e con segni stilistici latini, ricchi di colore e allegria.

Per pranzo, siamo tornati all’appartamento, dove si segnala una clamorosa caduta di Costanza nell’atto di fregarci, senza farsi vedere, un delizioso cookie…Simpatico, nella giornata più bizzosa della Mati in assoluto, Costanza doveva attirare in qualche modo l’attenzione e le preoccupazioni.

Per cena avevamo in programma una esperienza tres-chic, suggeritaci da un amico italiano. Andare a Brickell al Mandarin e mangiare nella terrazza de La Mar, ristorante peruviano con vista a 360 gradi (siamo su una isoletta) su tutta Miami e la sua incredibile skyline, é stata una favola moderna. E devo dire che anche il cibo, e il modo con cui trattano, coccolano i clienti, davvero apprezzato. E il costo? Alto, si, ma non tanto di più rispetto ai costi altissimi di NYC e alti di Miami, e il cibo era davvero di livello, con sapori per noi nuovi (cucina andina), particolari ma squisiti! Passeggiata di rientro fra i grattacieli di Downtown – bellissimo lo stadio di basket dei Miami Heat – e di nuovo a nanna!

Lunedi 8 agosto, Key Biscayne

Che spettacolo, che avventura. Pochi chilometri fuori da Miami e un mondo totalmente diverso. Oggi giornatona a Key Biscayne!

La mattina io e la Laura ci siamo concessi un cafecito in un delizioso bar cubano fuori dall’appartamento, compresa una fetta goduriosa di torta alla banana.

Sapevamo che energia e sprint ci sarebbero serviti per l’impegnativa giornata ai parchi naturali di Key Biscayne. Appena il taxista ci ha lasciato, un iguana ci ha attraversato la strada: Crandon Park, eccoci qua! Una spiaggia enorme e deserta, dietro di noi la foresta tropicale con tantissime iguane, ibis, pavoni, tartarughe, coccodrilli (che non abbiamo però avvistato, se non i tanti cartelli che ci invitavano a porre estrema attenzione), oche egiziane, palme da cocco e da datteri, pappagalli. Che emozione. Con in lontananza lo skyline di Downtown e Brickell.

E il bello doveva ancora venire: dopo questa intensa e suggestiva mattinata, per pranzo ci siamo spostati al secondo parco di Key Biscayne, Bill Baggs, ancora più “estremo”. Siamo arrivati e abbiamo cercato rifugio dal caldo in un ristorante tipicamente americano, frequentato solo da boaters, pescatori che avevano appena ormeggiato le loro barche, pescatori soprattutto di un pesce molto particolare, l’hog fish. Noi abbiamo optato per degli hamburger e un birrone, tutt’altro che deliziosi, ma la situazione era così suggestiva, così “da Florida”, che ci siamo goduti tutto il pasto, compreso i modi spicci e diretti dei camerieri, che interrogavano i clienti di come fosse andata la battuta di pesca al largo. Finito di mangiare, ci siamo addentrati a piedi verso la foresta di mangrovie, di nuovo tanti iguana, scoiattoli, persino un procione, e siamo arrivati a un vecchio faro ottocentesco. Lì, in un lembo di mare delizioso abbiamo fatto un bagno in un mare caldissimo, molto piacevole…Solo pochi minuti perchè è arrivato un diluvio universale che ci ha fatto fuggire e cercare riparo sotto un capanno. Poi ci siamo di nuovo incamminati, Matilde con gran broncio percjhè il cellulare non prendeva, di nuovo all’interno del parco, fino a trovare un punto di civiltà dove abbiamo poi chiamato un taxi e siamo di nuovo, stravolti ma divertiti e felici, verso Wynwood, il nostro appartamento, che adesso ci appariva come una oasi di moderna civiltà.

La sera, dopo un bagno tonificante in piscina, abbiamo voluto fare anche una cena al famosissimo ristorante cubano Versailles, in calle Ocho, nella Little Havana di Miami: che ceviche, che empanadas, che calamari fritti! Costanza era molto stanca, le bruciavano gli occhi, come del resto eravamo noi, quindi abbiamo chiuso subito dopo la serata, riservando a un prossimo futuro la visita di Little Havana.

Martedi 9 agosto. Virginia Keys e Coral Gables.

La mattina abbiamo visitato un’altra Key: Virginia, facendoci lasciare dal buon tassista di Uber in un altro parco tropicale che terminava nella spiaggia, con ombrelloni di paglia, tavoli di legno e barbecue fino a lambire le acque. Eravamo in una delle beach piú antiche dell’area, una volta destinata solo alla popolazione di colore. Molto affascinante. Purtroppo anche qui molte alghe e i colori un po’ spenti a causa della foschia, ma a osservarlo un po’ più a lungo l’oceano raccontava la sua vividezza: pesci volanti, di lontano una manatea (una specie di tricheco), cormorani in azione, strani uccelli col becco enorme, una sorta di pellicani, che ci volavano sopra. Riflettevo quanto qui la natura sia preponderante, lussureggiante direi meglio, rispetto ai nostri ambienti, un po’ meno dominati dalle forze naturali, siano queste zoologiche o botaniche.

Venendo a questa spiaggia, avevamo notato una spiaggia dall’altro lato dell’isola con meno alghe e quindi ci siamo recati lì: abbiamo trovato un mare bellissimo, meno algoso, con una palude di acque cristalline che guardavano a Miami Downtown. Ho anche visto e fotografato un paguro enorme. Enorme.

A pranzo ci siamo rilassati un po’ all’appartamento, con gli avanzi del pantagruelico pasto cubano della sera prima. E con un paio d’ore in piscina: non possiamo dire che non l’abbiamo sfruttata!

Poi la sera avevamo da redimere il secondo omaggio gastronomico di zia e cugine, in un quartiere di Miami, meglio dire una città nella cittá, elegantissimo e col senno di poi una delle aree più belle, dal punto di vista dell’urbanizzazione sobria e gentile, della vacanza, Coral Gables o The Beautiful City.

Coral Gables non ha niente a che vedere con Miami, né con Wynwood o le varie Keys. Case basse, architetture leziose, il sogno di creare un cittá ideale negli anni 20 del 900, con ampi spazi, villette isolate l’una dall’altra e con molteplici attivitá offerte alla cittadinanza, ora più che mai, ma anche all’ora, necessariamente benestante. Ma un benessere sobrio, raffinato, non urlato o volgare come abbiamo visto in certe zone di Miami, o anche a Manhattan. Ci siamo fatti lasciare da Uber alle Venetian Polls, una piscina pubblica incredibile, raffinatissima, con cascate, palazzi in stile all’interno, colonnati immersi nelle acque. Poi abbiamo visto la casa di Merrick, l’architetto che ha dato il via appunto al sogno della “city beatiful”, come viene chiamata Coral Gables, passeggiando poi verso la Miracle Mile, la via dello shopping, e infine la cena – invero deliziosa e particolarissima – da Zitz Sum, ristorante asiatico fusion, dove io e la Corsi ci siamo anche scolati una boccia di vino verde portoghese e le bambine un dolcino col burro di arachidi monumentale. Serata molto bella, atmosfera divertente, persino le bambine molto rilassate e allegre. Due passi per digerire un po’ nella Miracle Mile (il vino verde si faceva sentire, ho avuto anche un piccolo rigurgito) e poi l’ennesimo Uber ci ha condotti a casa.

Mercoledi 10 agosto. Key West

Per la giornata di San Lorenzo ci eravamo regalati, nei caldi giorni della preparazione della vacanza a Pontassieve, una super escursione a Key West, la parte più meridionale di tutti gli Stati Uniti, a poche miglie nautiche dall’Havana, Cuba, che permea non a caso cosi tanto la citta di Miami.

Risveglio prestissimo al mattino, con il pullman che ci raccoglie in perfetto orario all’Hilton Downtown di Miami, dopo una rapida colazione da uno Starbuck’s, che una volta erano un mio porto sicuro negli US e questa volta invece ho “sfruttato” pochissimo, e partenza! Effetto gita scolastica a palla in questo bus a due piani, con la guida che ci raccontava durante il viaggio tutta la storia di Miami, della Florida e delle Keys! Addirittura ci fermiamo al McDonalds di KeyLargo per una colazione e alla bambine prendo i pancake con lo sciroppo d’acero: una americanata in grande stile! Il viaggio in pullman é una delle cose più belle vissute. Le Key si succedono una dopo l’altra in strettissimi lembi di terra. Sembra quindi di essere in una nave, con l’oceano ai due lati. Prima avevamo attraversato le Everglades, popolate di alligatori, coccodrilli, una infinitá di uccelli di palude e tante zanzare. Quatto ore di transito volate via. Fra l’altro nel pullman anche tanti italiani, che hanno fatto sentire la Matilde un po’ più a casa. Arrivati, l’impressione é stata quella di essere in una citta di frontiera, un po’ mutatis mutandis l’effetto che mi aveva fatto Calgary in Alberta. Surfisti, atmosfera hippy, pescatori di marlin, case antiche in legno, coltivazioni di lime e cocco, uno spirito libero e allegro, dominato inevitabilmente da Cuba. Hemingway che per un po’ ci aveva sostato. E, cosa curiosissima, galli e galline, una specie autoctona in via di estinzione e quindi iper protetta, liberi per le vie della cittadella.

Un veloce e ottimo panino cubano e via verso l’oceano! La gita in catamarano a fare snorkeling paradossalmente ha offerto meno suggestioni, anche se la raccomanderei comunque a tutti. Assolutamente e anche nelle condizioni non ideali in cui la abbiamo svolta: cielo grigio e correnti forti (infatti non siamo potuti andare nel reef) tipiche dell’estate in Florida. A ogni modo é stato molto emozionante ricevere il brief in americano su come indossare maschera, boccaglio, pinne, giubbotto di salvataggio, noodle – un salvagente – di protezione addizionale. Altrettanto emozionante, arrivati al largo, immergersi nelle acque non banali dell’oceano. Una esperienza davvero autentica, estrema, ed é stato bellissimo vedere enormi pesci colorati, tantissimi pesci e a un certo punto una gigantesca tartaruga. Al rientro nel catamarano la seconda grande americanata della giornata, i free drinks con una lager al lime di Key West gustosissima e dissetante. A terra, un paio di ore nel paese e poi rientro a casa. Una giornata comunque memorabile, anche se in assoluto la bellezza e la complessità storico-culturale della nostra italia (non posso non pensare al trapanese in Sicilia, o al Cilento) é irraggiungibile, ma ripeto Key West da vedere assolutamente almeno una volta nella vita! E noi l’abbiamo vista! Il tempo di addormentarsi stravolti e terza e ultima americanata della giornata: é suonato l’allarme antincendio che ci ha costretti tutti a una fuga precipitosa fuori dall’appartamento. Esilarante, solo col senno di poi, vedere le reazioni stordite e per nulla partecipative delle Upupole, che non avevano minimamente percepito la serietà (poi rivelatasi fortunatamente infondata) della situazione. E domani la terza e ultima tappa del nostro viaggio, Chicago, una cittá su cui ho grandi aspettative e che sono sicuro non mi deluderá: fra l’altro stiamo accumulando una voglia di american prime e vino rosso pazzesca che intendo togliermi a Chicago.