New York City. 29 luglio – 5 agosto

29 luglio. Si parte e si arriva!

In aereo tutti emozionati! Si parte!

Siamo partiti per il nostro viaggio di nozze negli Stati Uniti venerdi 29 luglio. Il viaggio in aereo, malgrado le nostre paure fra scioperi, ritardi e cancellazioni, in realtà é stato fluido e in perfetto orario, sia a Ginevra che in arrivo (ottima compagnia la Swiss, niente da dire), così come l’immigration a JFK, molto meno procedurata e più fluida che le volte precedenti. Alle quattro circa eravamo nel nostro delizioso appartamento di Bed-Stuy, nel cuore di Brooklyn.

Ma che deliziosa casetta a Bed-Stuy!

Un rapido giro nel quartiere, molto caratteristico con le deliziose case basse a mattoni, la chiesa col prete e i cori gospel, i campi da basket, tanta musica rap nello sfondo, dominato da una colorata enclave afroamericana. Abbiamo fatto una prima spesa in un carissimo e gelido (l’aria condizionata è una cosa indegna in America)supermercato organic , cena proprio pro-forma per timbrare il cartellino, e nanna. Nanna, oddio, dopo poche ore io e la Laura eravamo giá svegli: maledetto fuso. Io alle 2 e 50, la Laura alle 3 e 30…Mal di poco, che l’avventura abbia inizio!

30 luglio. Midtown, Central Park e il Museo di Storia Naturale.

Colazione! Si vede subito il caffè “brewed”, quello lungo americano!

Alle 6, dopo 3 ore a occhi sbarrati nel letto, comodissimo, in questo nuovomondo, pronti ed emozionati per il primo giorno. Gestione della metropolitana (non facile, ma ce l’abbiamo fatta: metrocard con corse illimitate, Costanza gratuita) e prima corsa Brooklyn – Manhattan, destinazione Central Park! In realtà, in itinere mi è presa voglia di fare un effetto wow alla Corsi e alle bambine, scendendo un po’ prima, Midtown e risalire a piedi verso uptown, verso nord, da Washington Square in su. Washington Square la trovo una delle piazze più eleganti e verdi di Manhattan e ci apre perfettamente ai primi grandi, meravigliosi grattacieli di Manhattan. Ci siamo veramente emozionati al primo impatto coi grattacieli, i negozi dalle splendide architetture, i ristoranti e le offerte gastronomiche per ogni gusto, le magiche vibrazioni dell’isola, vissute attraverso lo sguardo sognante delle bambine. Il mercato di Union Square (dove la Costi aveva subito perso gli occhiali da sole). Il Flatiron, peccato impacchettato. L’Empire che ci svettava sopra. Il Chrisler coi suoi gargoyle. Il Rockfeller Center. La parte finale della Quinta, con l’Apple Store, un cubo di cristallo ipogeo che guarda Central Park, dove abbiamo sostato un po’ e visto le ultime novitá della mela mordicata (in realtà bevuto, caricato i telefoni e riposato un po’), la Trump Tower col bosco verticale. E prima un caffe ben fatto nella splendida Eataly, corner Lavazza, accanto a Madison Square. Sotto al Flatiron giganteggiava, già lo avevamo mappato e lo stavamo cercando, l’immenso store di Harry Potter per far felici le bimbe e, lo confesso, in realtà una bellissima visita anche per i miei occhi cinici. Una esemplare brand experience del piccolo maghetto e della sua enclave. Poi i Lego store. Poi una gioielleria con minerali e fossili che sembrava un museo… Insomma, siamo rimasti letteralmente storditi e incantati dall’impatto con Midtown! In poco tempo, avevamo già macinato 11 chilometri e visto cose lontane, lontanissime dalla nostra quotidianità. Senza ancora neanche arrivare, come hanno sottolineato le bambine, manco a Central Park che doveva essere la prima destinazione. A fine giornata, saranno quasi 18 i chilometri, e poco meno la media che terremo per quasi le tre settimane di visita. Per arrivare la luogo fissato per il nostro pranzo (un classicone e tempio del brunch borghese: Sarabeth), abbiamo deciso di prendere la metropolitana. Ci sono più Sarabeth, noi abbiamo optato per quello nell’Upper West Side. Il primo Sarabeth, quello storico, si trova a Central Park South, ma malgrado avessi prenotato con circa 3 settimane di anticipo, era tutto pieno. Mal di poco, perchè quello appunto nell’UWS si trova preciso preciso accanto (just 2 blocks, come dicono a Manhattan) a una delle attrazioni che avevamo fissato: l’American Museum of Natural History.

Abbiamo impostato il pranzo sul menù brunch: spremuta, caffe lungo, Laura insalata di granchio con patate e guacamole, le bambine l’omelette. Che raffinatezza anche a tavola e nei rituali di servizio: sembrava di essere dentro una commedia americana degli anni Ottanta.

Dopo pranzo, e prima dell’agognato museo, abbiamo voluto fare due passi nel limitrofo Central Park West, circa nella sua parte centrale: del resto, era la prima cosa segnata nella mia, direi nostra aggiungendo Matilde, pisserissima agenda! Impatto sublime. Un boschetto irrorato di laghi e attrazioni, con vista sui grattacieli. Persone in bicicletta, chi a passeggio, altri a fare picnic o a rilassarsi all’ombra. Sullo sfondo lo skyline elegantissimo di Midtown. Da questa meraviglia visiva siamo stati interrotti dalle canzoni di un menestrello che cantava grandi classici folk americani per un improvvisato pubblico. La performance è stata solo bloccata per un po’ da un matrimonio celebrato in un lezioso baldacchino del parco lì accanto: l’officiante richiedeva un po’ di silenzio! Insomma, un’ora, un’ora e mezzo in quel locus amoenus e poi tutto pronto per andare al Museo di Storia Naturale.

Sito in un edificio neoclassico, lo ricordavo per Notte al Museo, film con Ben Stiller, il museo é qualcosa di meraviglioso. Animali, dinosauri, evoluzione umana, origine dell’universo, il sistema solare, il tutto presentato con evolutissime tecnologie, teche esplicative, una applicazione per guidarti iper-efficiente. Peccato solo che il tempo non ci sia bastato, servirebbero giorni per quanto é sia divertente che educativo. Un faticoso rientro verso Brooklyn, faticoso a causa di alcune chiusure della linea C, uscita alla nostra già affezionata Ralph Av Station di Bed-Stuy, e breve passeggiata fino a casa. Esausti, felici, senza neanche voglia di fare la cena in quanto sfamati dalla stanchezza e da quanto esperito in una sola giornata. Domani é un altro giorno, alle 20.30, anzi, 8.30 pm, tutti a dormire, o per lo meno tentare.

31 luglio. Brooklyn: Dumbo, Brooklyn Bridge Park e Williamsburg.

Che giornata: spettacolare, suggestiva, mirabolante. Solito risveglio prima, molto prima dell’alba, e giornata dedicata al borrough di Brooklyn (dove ci troviamo col nostro appartamento a BedStuy), specificatamente gli affacci su Manhattan dalle coste di Brooklyn che danno sull’East River e su Downtown e il Seaport District. Poi, dal pomeriggio fino al dopo cena, nel quartiere cool di Williamsburg. Insomma, sia la NYC da cartolina, delle più belle viste su Manhattan, come siamo abituati a vedere sognanti nei film di Woody Allen, che quella trendy, hipster e modaiola.

Intanto, arrivare esattamente nel punto della locandina del capolavoro di Leone “C’era una volta in America” e scattare iconiche foto verso il ponte di Manhattan, inquadrando sia l’Empire che le vecchie fabbriche di mattoni rossi, é stato estremamente emozionante, oltre che esteticamente molto appagante. Da quel momento, espresso di buongiorno con vista dal mercato di “Times Out”, la rivista per il divertimento e i locali, ricavato nella fabbrica di zucchero, una passeggiata lungo il parco del ponte di Brooklyn, la zona di Dumbo totalmente rimessa, con loft, alta ristorazione, semplici chioschi di cibo di strada, viste impareggiabili sui ponti, su Downtown, sul mare, sulla statua della libertà, viste esaltate da numerosi punti di osservazione, come spiaggette quali Pebble Beach, come gradoni per sedere, come installazioni artistiche, comode panchine, sedie colorate, passeggiate lungo mare fra i pier e le ville di Brooklyn Heights, fino ad arrivare a un favoloso centro sportivo con mille giochi praticati – è del resto una frizzante domenica mattina – dove Mati e Costi hanno giocato nella palestra open-air con vista. E Mati si è dedicata, me nolente, a più di una ruota, scenografica convengo perchè eseguite con uno sfondo spettacolare di grattacieli: che ruota girl!

A pranzo, un pranzo anticipato, come la colazione del resto, il fuso continua a picchiare duro, ci siamo tolti la voglia di un hamburger fatto a modino, con sopra di noi il ponte di Brooklyn: buonissimi come sempre gli hamburger di Shake Shack e buonissima la birra della Brooklyn Brewery con la quale ho accompagnato l’hamburger.

E nel primo dopo pranzo, ad aiutare la digestione, il dovuto rituale dell’attraversamento del ponte. Una magia che ci siamo goduti passo dopo passo, foto dopo foto, fino ad arrivare a Manhattan, al Seaport District, bellissimo ma lo visiteremo un’altra volta. Metro a Fulton e di nuovo Brooklyn.

Una breve pausa a casa e poi una visita a Williamsburg, che é esattamente quello che si dice. Lontano dalle architetture e dagli estetismi classici di Manhattan, ma con delle vibe ineguagliabili. Oddio, Matilde non ha ancora gli strumenti per viverla cosi, e per adesso si aggrappa timebonda e sudaticcia al mio o della Corsi braccio, guardandosi diffidente e terrorizzata attorno. Ahahahah, che prociona! Williamsburg é negozi di vestiti vintage, boutique di artisti, vinili usati, tanta musica e atmosfere hipster, moltissima gioventù danzante, i microbirrifici (noi ci siamo fermati al più famoso, la Brooklyn Brewery, dove c’era anche un bel concerto jazz, vecchi videogiochi che hanno fatto il divertimento della Costi e la birra era gustosissima: super esperienza), per poi redimere uno dei doni del viaggio di nozze di zia e cugine in uno stellato messicano, Oxomoco, con taco e guacamole pazzescamente buoni, come del resto i cocktail…come tutto di una giornata unica e appagante passata interamente a Brooklyn, che sono certo, questione di anni, non di più, e conquisterà lo stesso allure turistico (immobiliare lo ha già) di Manhattan.

Un Uber – con quanta tecnologia ben fatta, esperenziale, migliorativa del viaggio stiamo entrando in contatto! – e siamo tornati a casa. Siamo ancora all’inizio e non solo Rossella O’Hara pensa che domani sia un altro giorno!

1 agosto Hudson Yards, High Line, Meatpacking, Times Square, Empire, shopping.

Giornata di record di camminate: oltre 18 chilometri, dopo i primi due giorni con 15 e 16! Bambine bravissime, ma dobbiamo dire che la cittá si presta: é un caleidoscopio di opportunità, divertimenti, bellezze, esperienze, tecnologie, gusti. Per ogni etá! Poi il record verrà ampiamente battuto, ma questa è una nota a posteriori!

La giornata é iniziata con la nuova meraviglia di Manhattan, gli Hudson Yards, un complesso residenziale a ovest di Midtown, con dei nuovi grattacieli, uno dei quali vanta adesso il punto di osservazione piú alto della cittá, lo Shed, offrendo una valida alternativa all’Empire e al Top of The Rock, un’installazione artistica chiamata Vessel, e un centro commerciale bello, con top brand, ma nella mia visione sempre un centro commerciale resta. A parte una clamorosa bizza della Costi che voleva in tutti i modi la cioccolata calda, dallo Hudson Yards abbiamo preso la High Line, la ex linea ferroviaria sopralevata convertita in camminamento pedonale e giardino urbano, che abbiamo calcato andando verso sud. La High Line mi dà tanti ricordi: la mia prima volta con l’High Line risale a più di 10 anni fa e un intero tratto, oltre ai mirabolanti Hudson Yards, che sono del 2019, ancora mancava. Una High Line fiorita, molto curata, in una giornata piuttosto brutta, nuvolosa e freschina. L’High Line attraversa Chelsea, offre meravigliose viste su splendidi appartamenti di Chelsea da un lato e sull’Hudson e il New Jersey dall’altro e si conclude con il Whitney Museum all’altezza dei favolosi MeatPacking. Ah, i Meatpacking, gli antichi macelli, fabbriche coi mattoni rossi, trasformati in loft, appartamenti, negozi, ristoranti a la page. In pochi isolati ci siamo gustati un mirabolante caffe americano in uno splendida roastery (Kobrick Coffee), visti gli store della Apple, l’ennesimo, Samsung, Google (bellissimo per la sua parte domotica), e fatto pranzo nell’ormai iconico Chelsea Market, ex fabbrica dei biscotti Oreo! Un ottimo pranzo thai(che buono il pad-thai!) a deliziare le nostre giá vezzeggiate papille, poi, dopo aver preso un altro buon espresso e curiosato da Antropologie, siamo usciti.

Altri passi fra i trendy Macelli, ah bellissimo anche il Gansevoort Hotel, e dal primo pomeriggio ci siamo incamminati vero nordo e, prima dell’Empire, siamo letteralmente atterrati (il verbo é appropriato, sembra di essere in un film di fantascienza, con luci a led e mille colori) a Times Square! Times Square non é bella, ma piace! Atmosfera magica e divertente, foto di rito con Pluto e l’Uomo Ragno e 5 dollari volatizzati, e infine visita a un divertente negozio di calcio dedicato a Pelé!

Poi siamo riscesi attraverso il raffinato Bryant Park, la National Library e, finalmente, ecco l’Empire! La giornata nebbiosa non ha favorito la visuale, ma la visita, con la storia dell’edificio, spaccati della NYC degli anni 30, 50, 60, 80 e 00, aneddoti e curiosita sui tanti film che la hanno ritratta, é stata davvero entusiasmante.

Scesi, finalmente é uscito il sole e una rinnovata energia ci ha portato a fare shopping fra la Quinta e la Sesta: abbiamo comprato dei pantaloni a zampa di elefante per la Mag e un costume coi fenicotteri per me! Rientro da Penn Station, con l’Empire che ci salutava soleggiato, e poi di nuovo nella nostra amata magione di Bed-Stuy! E per cena? Un po’ di avanzi dalla prima gelida spesa, fra cui uova in padella, e a nanna leggeri.

Martedi 2 agosto. Soho, Tribeca, Village, Top of the Rock. By night.

Voglio partire il racconto di questa giornata apicale nella nostra visita a NYC dalla sera tardi, dal buio e le luci della notte quando, protagonisti di una favola moderna, ci troviamo a Dumbo, il primo quartiere di Brooklyn ai piedi dei ponti di Brooklyn e Manhattan, prima con una birra in mano dal roof del Times Out Market, poi a passeggio lungo la promenade del Brooklyn Park, a stropicciarci gli occhi e a cercare di afferrare in frenetiche istantanee l’assoluta meraviglia di Manhattan di notte, coi riflessi generati dalle acque increspate dell’East River a dare ancora più movimento e magia alle visuali. Davvero, se non la si vede non si può raccontare cosa sia.

Eravamo arrivati a questa tappa molto attesa (“non possiamo non vedere NYC di notte, forza forza bambine!”), dopo una giornata calda e umida, stancante ma – come le precedenti – molto bella. In effetti, é stato piuttosto impegnativo convincere le bambine a uscire di nuovo di casa e riprendere la metropolitana. Ma anche loro, a parte qualche poco convinta lamentela della Mati, spaventata più dall’idea del buio che dalla stanchezza, una volta visto coi loro occhi siffatto spettacolo, hanno subito ritrovato il buon umore.

Del resto, la mattina avevamo vissuto una esperienza ritagliata su di loro, ma invero molto divertente anche per noi adulti: la Color’s Factory, un museo interattivo sui colori, la loro storia, i loro significati, le loro evocazioni. Abbiamo ballato, assaggiato, nuotato fra le palline, ovviamente disegnato, sempre con l’idea di vivere i significati psicologici dei colori. Prima di entrare alla Color’s Factory, abbiamo esplorato un po’ l’area di Soho, e fatto anche una rapida visita al quartiere generale dei Ghostbusters, oltre ad aver trovato uno specialty coffe che mi ha permesso di gustare un corroborante cappuccino.

Soho è il quartiere che più di tutti racconta una certa new York raffinata ed elegante, con le sue case basse rivestite in ghisa (ai tempi la ghisa, pensate un po’, costava meno del mattone), le caratteristiche scale antincendio, i colori sobri e tenui: le più significative, il King e la Queen, si trovano in Greene Street. Queste case, un tempo edifici poveri, sono ora boutique di designer, stilisti, negozi di alta moda, gallerie. Veramente un bel passeggiare.

A pranzo abbiamo incontrato una mia collega, Caterina, in un divertente locale tex mex, CowGirl, con piatti texani, messicani, della Louisiana: un melange saporitissimo e molto piacevole.

Il pomeriggio, complice una certa stanchezza e la giornata più calda e umida in assoluto di tutto il viaggio, abbiamo optato per la metro e siamo risaliti via train alla visita del complesso del Rockefeller Center, inclusa la salita sul “Top of the rock” per una vista spettacolare sulla cittá. Molti si chiedono quale vada vista fra l’Empire e il Top of The Rock. Fra l’altro negli ultimi anni si sono aggiunte altre due possibilità: dallo Shed degli Hudson Yards o dalla Freedom Tower, il nuovo WTC, che però non ho ancora visitato. Next time! Fra le due “storiche” questa è la mia opinione: la vista del Top of The Rock è ben superiore a quella dell’Empire, ma forse meno affascinante nel suo complesso e più immediata, senza troppa storia, nella sua fruizione. Costano esattamente la stessa cifra.

Attorno al Rockfeller Center ci sono tanti negozi che vale la pena visitare, da quanto sono belli per le vetrine e per il divertimento che offrono all’interno: segnalo il più grande store di balocchi al mondo, Fao Schwartz, Nintendo per provare i vari giochi del marchio giapponese, gli abiti di Antropologie e, dentro il Center, anche uno dei pochi store di Amazon Go, in cui si entra, si prendono le cose e si esce, tanto solerti telecamere ti individuano e ti addebitano la spesa direttamente sul conto: una esperienza da BlackMirror!

Nei film su NYC è sempre rappresentata la pista di pattinaggio su ghiaccio e il grande albero di Natale del Rockfeller Center. Ovviamente, ad agosto l’albero non c’è ma la pista, bellissima, è attiva più che mai coi pattini a rotelle. E mentre curiosavamo attorno la pista, a un certo punto siamo stati spaventati da un nutrito gruppo di persone, vestite anni 50, che scappavano e urlavano spaventate. Un attimo di paura e poi ci siamo resi conti che eravamo dentro la scena di un film, o di una serie. Dopo l’attimo di shock, il riso liberatorio! Ah, New York!

Mercoledi 3 agosto. Memorial 9/11. Giro a Wall Street. Pranzo brasiliano al Seaport District. Ponte di Brooklyn e rientro a casa. Serata a Broadway.

Ennesima, so di ripetermi, giornata di forti emozioni.

La mattina ci siamo recati in zona Wall Street – Ground Zero.

Il primo impatto è stato fornito dalle bianche linee ipnotiche del nuovo complesso di Calatrava. All’interno numerose attività commerciali, in una delle quali abbiamo fatto una costosissima colazione. Usciti al sole, abbiamo visitato un po’ l’area, fra cui le due enorme fontane in acciaio con inciso tutti i nomi dei trapassati, edificate là dove vi era il perimetro delle due torri gemelle e poi siamo andati a visitare il museo memoriale dell’11 settembre.

La visita del museo è una esperienza estremamente toccante e complessa. Fa strano vedere un museo di vicende vissute: io per esempio ho un chiarissimo ricordo di cosa facevo nel primo pomeriggio di 21 anni fa, quando le televisioni cominciarono a trasmettere la diretta di quegli atroci avvenimenti. Il museo è organizzato secondo una serrata scansione temporale dei minuti che caratterizzarono gli attentati. Documenti, oggetti, reperti, video, storie, i fogli del “missing”, un percorso davvero doloroso da rivivere, peraltro ricostruito in quelle che erano le fondamenta e le aree sotterranee del complesso.

Usciti dal museo abbiamo visitato la zona di Wall Street, la NYSE, la bambina, il toro furioso, le grandi banche. Such impressive!

Successivamente, abbiamo poi proseguito, e cambiato completamente prospettiva architettonica, di clima, di stile, pur essendo a poche centinaia di metri, al Seaport District, dove abbiamo goduto di splendide viste su Brooklyn e sul Ponte: è stata davvero una piacevole passeggiata nel piú antico quartiere di Manhattan, uno dei primi insediamenti olandesi nell’isola. Si parla secondo me sempre troppo poco di questo District, eppure è uno dei più suggestivi, con tanta anima e storia, di tutta l’isola. Ottimo anche il quick lunch brasiliano da Patoro, che abbiamo trovato dopo una estenuante ricerca (non è facile mangiare a NYC, non tanto per l’offerta che è ovviamente enorme e anche di qualità medio-alta, quanto piuttosto per i costi che sono esorbitanti), e poi rientro a casa, dove ci siamo preparati per la grande serata a Broadway!

Dopo un corroborante riposo a casa, di nuovo verso l’isola delle grandi tentazioni! Che spettacolo uscire dalla metropolitana, trovare le luci della Ottava, la frenesia, un gustoso hamburger allo ShakeShack, dove le bambine hanno ottenuto anche l’omaggio delle patatine! Poi “HarryPotter e il bambino maledetto” al Lyric Theater, uno dei teatri più antichi di Broadway. Onestamente, dei dialoghi abbiamo capito poco, ma abbiamo comunque apprezzato moltissimo lo spettacolo, a partire dagli effetti speciali alla recitazione danzata, alla magica atmosfera di questo bellissimo teatro. Poi, tornando a casa, abbiamo fatto una ulteriore visita by night a Times Square e una spesa a mezzanotte per la colazione degli ultimi due giorni a NYC in una parafarmacia attrezzata per tutto. La Mati aveva un po’ di ansie per il rientro in metropolitana a Bed-Stuy oltre la mezzanotte, ma in realtá il viaggio di ritorno, cosi come i precedenti, è andato benissimo.

E domani ultimo giorno a NYC. Sale già un po’ di malinconia da questo splendido, classico, tipico appartamento di Brooklyn: lo scricchiolio che rimanda il meraviglioso parquet storico sembra quasi il suono di un violino che ci congeda dalla grande mela.

Giovedi 4 agosto. Metropolitan. Central Park. Crociera.

Ed eccoci arrivati all’ultimo giorno in questa incredibile cittá. Il tempo vola. Qui ancora più in fretta. Abbiamo abbastanza assorbito il jet lag, e ci siamo alzati attorno alle 7.30. Le bambine alle 8. In programma, la visita al Metropolitan, l’enorme museo d’arte di NYC, e poi di Central Park, per adesso soltanto assaggiato il giorno (sembra una vita fa) del Museo di Storia Naturale. Al MET siamo arrivati passeggiando da Park Avenue, come dei veri newyorker. Il MET é talmente vasto e interessante che ci siamo persi fra i tanti stimoli senza forse approfondirne nessuno, ma abbiamo comunque visto e riconosciuto tanti capolavori dell’arte, di ogni epoca e di ogni civiltá. Bellissimo anche il palazzo che ospita il MET, dentro e affacciato su Central Park. All’uscita ci siamo fatti una passeggiata nel Parco, molto piacevole. La giornata era una delle più calde, ma non é mai stato troppo insopportabile: spesso un po’ di piacevole vento é soffiato, un giorno è stato anche nuvoloso. Abbiamo fatto anche un tipico pranzo by the lake con un delizioso sandwich, e poi abbiamo ripreso il cammino nel Parco, incontrando anche una sguaiata banda di acrobati di colore che mi hanno anche utilizzato come cavia.

Da South Central Park abbiamo infine preso la metro per l’ultima grande avventura compresa nel citypass: la crociera. Abbiamo perso il nostro battello, quindi abbiamo dovuto pagare una maggiorazione e fare la crociera quella più ampia, arrivando a sud a Staten Island e alla Statua della Liberta, a nord al bacino dell’Hudson River. Davvero bello rivedere tutti i monumenti di NYC dall’acqua, una esperienza nuova che mi mancava e che ci ha molto molto rilassato.

La sera, piuttosto stanchi, abbiamo optato per provare il delivery, con UberEats. Uber é davvero una bella applicazione, che dall’offrire un servizio taxi parallelo si é estesa anche al food delivery e alla spesa portata in casa. Davvero gustosi tacos, nachos, empanadas, guacamole. Un gran modo per chiudere la prima parte, delle tre, del nostro viaggio in US e di cominciare a calarsi nella cultura latina che sarà così tanto dominante a Miami. Da domani, Florida!