Stamani mattina ci siamo alzati tutti presto e di buon umore, quasi percependo la frizzante aria fresca dell’esterno. Una estesa gelata ha accolto i nostri sguardi assonnati rivolti come di consuetudine verso la finestra e, appena messo piede in bagno, nella stessa finestrella da dove mesi fa si era intrufolato un falchetto, con esclamazioni di grande entusiasmo, abbiamo notato due passerotti appollaiati fra il vetro esterno e la soglia che si facevano calore reciproco per affrontare la gelata della notte.
Ho pensato a San Valentino e subito dopo al fatto che quei pennuti in realtà stessero solo cercando calore reciproco. In un certo qual senso forse questo è davvero il senso dell’amore nell’intenzione dei pennuti. Amore come soddisfazione di bisogni essenziali. E in fondo, tutto sommato, anche noi uomini, al di là delle sovrastrutture che attribuiamo ai nostri sentimenti, quando sentiamo di dover saziare i più profondi ed essenziali dei nostri bisogni, non avremmo semplicemente bisogno di trovare un alter che sappia coprirci quando ci fa freddo? Complicità e reciprocità. E coccole per scaldarci. L’amore come lo intendono i pennuti mi pare un bell’insegnamento. Vabbè. Al di là di queste inflessioni francescane e sempre osservando fuori ho anche notato la fioritura (oddio, per l’esattezza due fiori, ma è un inizio) del susino che, puntualmente, a metà febbraio ci regala sempre queste gemme bianche che si stagliano sulle murature in pietra di Bisarno. Uno spettacolo e sopratutto un messaggio di incipiente primavera, in previsione della quale stiamo cercando di accelerare la preparazione del terreno per la semina del prato: intanto stiamo disossando il terreno e smuovendolo, picconata dopo picconata.