Pechino, o Beijing, o di un’anatra laccata e di un tuc tuc a motore

Io e il mio collega Leo dalla Mongolia durante la degustazione

Ho trascorso questi due giorni a Pechino fra la stanchezza di un volo interminabile e lo stupore di un mondo nuovo, caotico, brulicante e attraente.

L’ho a mala pena intuito, questo nuovo mondo, da una specula privilegiata – il Rosewood Hotel, uno degli alberghi più lussuosi ed eleganti incontrati nel mio cammino, dove si è svolto l’evento di James Suckling, motivo per cui mi trovo qui. Tuttavia i rari detour fuori da queste dorate stanze mi hanno svelato una città non proibita ma ospitale, saporita e accogliente.

Camera con vista. Fuori la città al risveglio e piccioni impazziti che hanno mulinato per ore davanti a me.

Nessuno parla l’inglese e non ci si intende neanche a gesti. La comunicazione è davvero molto complicata ma le persone si industriano per capirti e aiutarti. Non c’è alienazione, piuttosto parlerei di una sorta di empatia distorta fra me e i pechinesi.

A cena ieri sera sono stato indirizzato da un locale in un ristorante specializzato nell’anatra laccata alla pechinese. Sembrava di essere dentro una scena de L’ultimo Imperatore: architetture sontuose e un po’ decadenti, un rituale nel taglio e nel successivo impiattamento dell’anatra scenografico e quasi sacro, svolto prima da un uomo (il taglio) e poi da una donna (la mise en place).

L’anatra cotta ma da tagliare
Tagliata

All’uscita mancando i taxi, con un vento tagliante a peggiorare già il freddo artico, un traffico ininterrottamente caotico, ci siamo (ero con un altro produttore col quale ero molto amico ai tempi del consorzio) voluti fidare di una sorta di tuc tuc a motore e senza fari che ci ha portato in poco tempo alle rispettive magioni, guidando contromano, tagliando la pista ciclabile, quasi investendo un temerario in bicicletta. L’abbiamo presa ridendo: in fondo siamo stati consegnati a due lire, in tempi brevi e sani salvi dove eravamo diretti.

Io e il mio collega, selfie in tuc tuc

Pechino, sei stata due giornate intense e cariche. Ti sei offerta col tuo carico umano di caos e inquinamento. Un po’ hai alleggerito il pesante carico emotivo con cui sto affrontando questo viaggio. Avrò modo di conoscerti meglio nel futuro: sono certo che non mancheranno le occasioni. Adesso si vola in una città che ti è totalmente lontana, seppur parte del tuo stesso stato, Hong Kong: si cambiano clima e attitudini. Ciao Pechino, a presto.