È andata babbo. Non ci sei più. Ora mi aiuterai da lassù a districare tutti questi casini che ci sono capitati in famiglia. Non abbiamo fatto in tempo a festeggiare il tuo compleanno, e io a farti la barba, un’ultima simbolica volta, come mi avevi chiesto con un filo di voce l’altro giorno.
Annuso i tuoi cappotti. Mi metto il tuo cappello. Pazzesco quarta forza abbiano gli odori e ritrovare il tuo profumo attraverso gli abiti che avevi indossato fino a poche ore fa mi genera emozioni contrastanti e potenti.
Avevi questo modo di starmi vicino, di essere presente, che mi annienta non poter più ricevere. Mi radevi col rasoio elettrico i peli dietro il collo. Mi facevi il nodo alla cravatta le rare volte che ne avevo bisogno. Mi sbucciavi la frutta – ti piaceva tagliare tutto con precisione maniacale. Eri pieno di premure. Di gesti. Di entusiasmi.
Ti mettevi a disposizione di me, poi della Laura, delle tue adorate nipotine, di tutti, sempre, fosse un passaggio all’alba all’aeroporto, un qualsiasi treno dovessi prendere, un viaggio di piacere o di lavoro. Avevi una presenza sorridente e positiva. Come quando irrompevi nello spogliatoio – da ragazzino giocavo in una squadra di calcio – e, dopo esserti sorbito la partita, spesso di domenica mattina alle 9 nella periferia della periferia, asciugavi a tutti noi i capelli col phon: “vi ammalate a lasciarli bagnati”. Nessuno poteva scapparti!
Mi hai sempre assecondato in ogni mio progetto – anche il più bislacco (e ce ne sono stati) – con una vicinanza entusiasta. Le tue parole dopo avermi portato a fare un giro in macchina dopo la mia prima grande delusione di amore a 20 anni. Il tuo appoggio nella scelta di fare Lettere. O per il master “sperimentale” a Milano (ricordo la tua faccia perplessa quando ti dissi che il piano di studi del costosissimo corso includeva pittura, teatro e psicanalisi di gruppo!). O per l’acquisto e la lunga ristrutturazione di Bisarno, la nostra casa, per la quale tante volte mi sono trovato solo e arreso, o della prima nostra casina a San Francesco. Tu mi motivavi sempre e comunque. C’eri sempre. Con l’ottimismo dell’azione.
Spero proprio di averti reso almeno un po’ di tutto quanto mi hai dato. Io ce l’ho messa tutta in questi ultimi mesi quando la tua malattia aveva ormai prevalso. Non penso purtroppo di essere stato troppo bravo, o forte, o solido, come mi dicono dovrei essere in questi momenti. Ultimamente sono in un gran pantano babbo. E anche nelle ultime sofferenti settimane tu invece hai saputo una volta di più fare il babbo, dando coraggio, accogliendo i miei sfoghi e le mie paure. Mi dicevi: “Le cose non sono mai così brutte come sembrano”.
E grazie infine e soprattutto anche per avermi dato l’esempio di una storia d’amore fortissima, dolce, vera, come quella con la mamma, e un significato profondo e unico al significato di famiglia. Sono stato uno spettatore privilegiato, sempre in prima fila a bearmi di tutte le vostre coccole. Le nostre vacanze a tre, io te e la mamma quando partivamo in una macchina sgangherata verso il sud e vomitavo più volte lungo il viaggio, voi due che vi baciavate sempre come due fidanzatini – un po’ mi imbarazzavo un po’ ero geloso ma tanto ero felice! – con “Fotoromanza” della Nannini da un juke-box sotto il cielo stellato della Sardegna. I pranzi i sabato nel cucinotto di via della Repubblica a sentire la classifica delle canzoni alla radio, quando Miguel Bosè e Ramazzotti si contendevano il primato. Io e te le domeniche con una radiolina in due a sentire Tutto il calcio minuto per minuto e i rari gol di Baggio, Borgonovo, Monelli mentre la mamma diceva di spengerla, quella radio!
Quante note di felicità avete suonato per me? Mi avete fatto sentire sempre un bambino felice, cresciuto in un nido soffice e pieno di amore, di dolci rituali e consuetudini che oggi sono il mio armonioso spartito per sovrastare i rumori del mondo, per essere (meglio: provare a essere) io ora il babbo e l’uomo che sei stato tu. Sarà difficilissimo ma è un proposito che voglio incarnare.
Buon viaggio babbo. Continua a starmi vicino e grazie di essere stato così.