Si riparte e si ricomincia.

Con il solito sentimento bivalente mi appresto a tornare alle mie “sudate carte, ch’io nacqui per loro”: a lavoro in Ruffino, nella mia casetta a San Francesco, fra le mie passioni e i mie demoni, fra la polvere e le problematiche di Bisarno. Settembre, anche se ancora non lo è, è un mese strano: climaticamente il più bello dell’anno. I colori e le temperature di questo mese restituiscono una Toscana esageratamente bella, fuori concorso, da vivere con cene all’aperto, scampagnate, giornate al mare con meno persone, visite nelle città e nei borghi non più mangiati dall’afa. Dall’altra però settembre ti inchioda alle responsabilità di una nuova stagione che si materializza davanti a noi: appunto il lavoro, le preoccupazioni, le necessità quotidiane, le urgenze.
Al lavoro – mai realmente abbandonato quest’anno per colpa di viaggi poco esotici e di una connessione wi-fi ormai presente ovunque (e di una incapacità mia di astrarmi) – incombe Cookstock, un evento che si svolge a Pontassieve e che ci vede protagonisti, con le cantine Ruffino eccezionalmente aperte e con un contributo organizzativo massiccio.
A Bisarno abbiamo ripreso quella che avevo definito in un post di un mese fa circa la “rifondazione comunista”: i pavimenti di due piani terra sono stati affondati e vi abbiamo gettato sopra uno strata di “magrone”, del cemento molto granuloso. Adesso vi abbiamo posto il “cupolex”, un sistema di vasi dalla forma di gusci di tartarughe funzionale a favorire l’areazione. Sopra poi abbiamo messo una rete in maglie di ferro in attesa di ricoprirlo con del cemento. Poi i tubi sopra, deinde il massetto e infine il pavimento. In attesa di preventivi per gli infissi e con sopralluoghi di elettricista e idraulico in atto.
Inside me, umore non altissimo in questi giorni perché si vedono soprattutto macerie, sbrani, costi, spese, problemi e questioni complicate.



Cupolex: un guscio, una corazza pe favorire l’aereazione sotto il pavimento del piano terra.



La rete sopra il cupolex.


La gettata.