Sgranocchio una gauffrette allo sciroppo d’acero mentre fuori piove incessantemente e stancamente. Mi dovrei alzare e sparecchiare la tavola. La cena – parca: da lunedì, avanzi e leggerezza… – è più che finita e le ragazze (includendo in questa indefinita definizione cronologica mamma e figlie) sono già su al piano notte: sento le parole del Mago di Oz arrivare fino a quaggiù. Insieme alla pioggia e le gatte che mi guardano da fuori mi trasmettono un senso di atemporalità riflessiva. Saranno gli acciacchi del fuso orario di rientro dal Canada non ancora assorbito.
Oggi ho lavorato fuori ufficio: un continuo su e giù per il traffico fiorentino che mi ha sfiancato. Tornare a casa è stato taumaturgico: il buio incipiente veniva contrastato dalle luci esterne che riflettevano una facciata calda e accogliente: è stato un piacere entrarci dentro, indossare i panni comodi della rilassatezza e chiudersi al mondo esterno. Un po’ come questo passato sabato, quando maldestramente ho piantato – aiutato da un polemico ma presentissimo suocero – le due viti scelte per darmi ombra, bellezza e gusto nella pergola. Speriamo crescano perché per adesso sono solo dei fuscellini di un metro circa.
Ok – vado a sparecchiare prima che le flautate parole della storia divengano nevrotici berci di richiamo ai doveri paterni a trafiggermi i timpani. Domani inizia davvero la settimana dopo questo interludio fuori dal tempo romantico e piovoso di “un lunedì soltanto”.