La primissima operazione sul terreno, che si presentava incolto, duro e gibboso, è stata quella di togliere sassi e pietre.
Come prima cosa abbiamo chiesto aiuto al nostro valente vicino che, con il suo escavatore, ha “spaccato” la terra: una sorta di grossolana vangatura.
Dopo questa operazione il campo ha assunto un aspetto lunare: buche, pietroni, accumuli di terra arida, cespi di erba ed erbacce divelti, zolle, una scala di colori che si estendeva dal marrone scuro, al rossastro, al ferroso, fino al giallo secco e arido.
Ci siamo guardati: “adesso viene il bello”. Prima di poter fresare con la motozappa, era necessario togliere tutti i sassi. Non tutti, i sassi contribuiscono a tenere ricco il terreno, ma quelli più grossi sì! E l’unica operazione possibile era manuale: piccone, schiena giù, sasso nel secchio, secchio portato via a creare delle piccole macie di sassi, e di nuovo piccone, schiena giù…
E mentre portavamo via i sassi, abbiamo notato una abbondante presenza di lombrichi, molti dei quali ahinoi hanno costituito il fiero pasto delle galline, ma ci teniamo la conferma che il terreno dovrebbe essere buono e sufficientemente fertile!
Chi diceva che l’orto vuole l’uomo morto? Beh, speriamo di no. Le prime ore del nostro lavoro all’Orto dei nati storti è stato dedicato a questa opera sisifea, di pura fatica…