Come si è visto il vino pare aver avuto origine in un periodo risalente a circa 6000/7000 anni orsono in una zona situabile fra la Georgia e l’Armenia, nel Caucaso meridionale. Sono state trovate delle giare di terracotta interrate atte a produrre un “vino” dalla fermentazione della vite spontanea.
La leggenda vuole che gli Argonauti di Giasone, in cerca del vello d’oro, solcarono quelle terre, abbeverandosi in una fonte da cui scorgava vino.
La leggenda vuole che gli Argonauti di Giasone, in cerca del vello d’oro, solcarono quelle terre, abbeverandosi in una fonte da cui scorgava vino.
In un intersecarsi continuo e vorticoso fra mitologia e realtà, altre popolazioni lontanissime geograficamente l’un l’altra associano la nascita del vino al mito del diluvio e a una nuova alba di civiltà, come abbiamo raccontato nelle due puntate precedenti qui.
Eccoci adesso arrivare a una terza pagina della storia, questa più svelata e conosciuta: le grandi civiltà del mediterraneo e della mezzaluna fertile dove il vino veste un ruolo da protagonista assoluto in quello spazio indefinito fra eros e trascendenza. E’ in queste terre fra il Mediterraneo e la valle dei due grandi fiumi, il Tigri e l’Eufrate che si attesta la domesticazione delle vite. Non è chiaro come il vino abbia compiuto il lungo viaggio che dalle zone transcaucasiche lo abbia fatto giungere fino al mediterraneo: l’ipotesi più probante è che sia stato grazie ai commercianti che in quegli anni compivano migliaia di chilometri e leggenderie traversate a cavallo. Un’altra ipotesi altrettanto valida è che la vite nascesse spontanea anche in queste terre.
E, nel vasto mondo delle civiltá mesopotamiche che sappiamo con certezza consumare e amare il vino (soprattutto gli Assiri e i Sumeri), gli antichi Babilonesi – che avevano contribuito al mito del diluvio attraverso la figura di Dercos Haelius, il marinaio del vino nuovo, su cui poi verrá modellato il ben più noto mito greco di Deucalione – sono i primi che ci offrono una testimonianza artistica di persone che bevono vino: si tratta dello Stendardo di Ur (2500 aC, visibile al British Museum). I Babilonesi veneravano anche una deità specifica, tale Geshtin, la madre della vite.
Lo Stendardo di Ur |
Ma i primi veri coltivatori esporti della vite, quelli che per primi ne hanno tentato un approccio agronomico propedeutico alla vinificazione sono gli antichi Egizi.
Anche loro avevano un pantheon associato al mondo del vino: Osiride, divinità della agricoltura e della vita oltre la morte, è il signore del vino al tempo della piena e signore dei bagordi della festa. Altrove il vino è il sudore di Ra o le lacrime di Horus.
Uno dei momenti più curiosi che caratterizzano la civiltà egizia sono le cosiddette “feste dell’ubriacatezza”, dove il vino ancora una volta è unito alla sfera sessuale: vino e il piacere della carne, tutto in condivisione, inducono a uno stato teofanico, cioè permettono di percepire un’estasi associabile a un qualcosa di extra – corporeo, una divinità o una trascendenza.
Il vino ancora non é bevanda popolare – il popolo in Egitto beveva birra – ma viene bevuto da ceti più ricchi e i religiosi come elemento in grado di portare a un livello superiore la percezione: del vino si é ammaliati dalla sua ambivalenza fra il tremendum e il fascinans, questo disequilibrio funzionale fra l’io e il super io, uno stato altro della coscienza. In questo la sessualità, il piacere riveste un ruolo altrettanto determinante nella cultura egizia.
Il Papiro Erotico. |