Disfare l’albero.

Pioviggina. Il giorno dopo la befana. Una domenica malinconica in cui, da solo, mi dedico al disallestimento delle decorazioni natalizie. Sono fra quelli che prova un senso di ansia, dovuta alla forzata necessità di essere felici e conviviali, quando nei giorni dell’Immacolata si prepara, tutti e quattro insieme, l’albero con le canzoni di Mariah Carey e di George Michael, giubilanti e ciarlieri per le imminenti festività, il gran giorno di Natale su tutte, e prova di nuovo, lo stesso, un senso di ansia quando tutte le feste sono finite e ci si appresta a tornare alla normalità, a vivere un nuovo anno. Insomma, un disastro…

Non so che anno sarà, ma mi devo necessariamente un po’ scuotere. Prima di disfare l’albero e aver cercato invano il supporto di qualcuno (anche i gatti non si sono trattenuti nel guardarmi e hanno preferito altre stanze) ho aperto tanti cassetti di casa, ho rovistato, ho catalogato, cercando di fare ordine ma in realtà obbedendo inconsciamente alla necessità di darmi priorità, di guardare dentro, di provare a fare ordine e armonia fra le tante cose che mi girano in testa.

Quali? Il lavoro, che ultimamente mi preoccupa per diversi motivi e che mi ha un po’ spento. Gli oneri del Diploma WSET, che stanno portando soddisfazione ma anche tanto impegno e recentemente anche qualche sonora incazzatura. La ristrutturazione del fienile, forse adesso il mio motus più forte e sentito, ma come sempre complicato da costi, lentezze di cantiere, problematiche varie. Gli anni che passano, e la quasi certezza di aver già vissuto più della metà della mia vita (46+46 fa 92 anni), con l’orrido vuoto della morte e i tentativi di lasciare tracce di me, attraverso le bambine, le cose fatte, i miei lavori. Le solite paure per le malattie, per quelle che verranno, che potrebbero esserci: eh si, ultimamente sto anche tornando ipocondriaco, a completare la frittata. Poi la mia fisicità, mai prorompente ed esplosiva, a dirla tutta, ma oggi ancora più moscia. Infine, una certa apatia che aleggia, che incombe, che mi ottunde anche i sentimenti più forti, come il tifo per la Fiorentina. Chissà, forse è la banale crisi di mezza età.

Intanto l’albero è quasi spoglio, palline grandi in una cesta, palline piccole in un’altra, le catene di luci in un’altra ancora, manie di controllo su manie di controllo ma i pensieri mi sfuggono e si aggrovigliano fra di loro su come smaltire l’albero, come spostarlo, viste le dimensioni abnormi volute da Matilde. Tutto mi diventa un problema, anche quelli che non sono tali.,

E più di tutto mi autoferisce il mio giudice interiore, il mio grillo parlante, che mi bacchetta di questi pensieri, che mi ricorda che ho tutto e tutto mi sta andando benissimo, che non dovrei manco permettermeli questi pensieri, visto che un niente e tutto questo, che è tanto, può improvvisamente ribaltarsi e diventare polvere. Che ci sono persone a me care che non hanno più la possibilità di vivere la vita, e quanto lo avrebbero voluto, e quanta positività, entusiasmo, fiducia, hanno mostrato anche quando la situazione era disperata. E che, al di là del mio rimuginio mentale, dei miei approcci malinconici, rimpiangerò questo periodo. Eccome. E so che ha ragione questo grillo parlante. E questa disputa fra il me e il mio super-me mi logora altrettanto.