Quando si andava dal “macellaro”, la bottega dove si comprava la carne, lo si faceva con una certa reverenza, anche indossando gli abiti meno lisi. La ciccia era roba da ricchi e in tasca a frugarsi emergevano sempre pochi spiccioli. Ci si avvicinava al garzone, intimiditi, e si sussurrava senza farsi sentire dai signori, usuali avventori: “Del bardiccio, per favore”. Il bardiccio era una delle poche cose che ci si poteva permettere in macelleria, ma fortuna anche fra le più buone. Certo, non roba da schizzinosi. Le sue carni sono scorbutiche e saporite, proprio come certe bestemmie intercalate zappando la roccia dura sotto il sole cocente. Ma sotto quella pellaccia burbera, ruvida e screpolata, il bardiccio ha un cuore tenero e un gusto irresistibile. Ma cos’è il bardiccio? Il bardiccio, o salsiccia fiorentina, é un insaccato di maiale a base di quinto quarto – cuore, polmone, fegato, milza e sangue – speziato con aglio e finocchietto, originario della Valdisieve. Ogni macellaio ha la sua ricetta gelosamente custodita. La meravigliosa espressione dialettale “infinocchiare”, usata oggi a indicare un inganno ai danni di un Calandrino sciocco e beota, suggeriva la pratica di drogare le carni, le meno nobili, le terze scelte, con dei semi di finocchietto al fine di lenire sapori troppo decisi. Oggi il brutto anatroccolo della misera cucina contadina si é fatto cigno e mostra una grande versatilità in numerosi piatti da signore che lo vedono protagonista.
Il bardiccio con, sullo sfondo, il suo fidato compagno: il fiasco di vino Chianti |