La vecchia altalena rugginosa

Quando abbiamo rilevato la casa di campagna, l’altalena cigolava rugginosa nel prato, sotto il susino selvatico, non distante dalla concimaia.

Probabilmente da anni le mancavano le spinte gioiose dei bambini, perchè sembrava più una diruta carcassa di ferro che un gioco antico e bello. Neanche le mie bambine avevano fatto in tempo a provarla: nel restauro anche l’aia e il prato avrebbero dovuto essere rimossi, e con loro l’altalena.

E così l’altalena, con le sue nostalgie di ruggine, era stata eradicata dalla sua solida fondata in cemento e accatastata più in giù, a valle. Insieme ad altre ferraglie da cantiere: capre, ponteggi, tondini di ferro.

Dopo un paio di anni di lavoro, la casa era rifiorita: la mia famiglia, ciarliera e squittante, l’aveva animata di una nuova vitalità, che tanto prendeva dalle tradizioni di una volta, il camino, il tavolo di legno, la cucina in muratura, e altrettanto se ne emancipava: i pannelli radianti, la resina, internet, il corten: i tempi moderni che anche i nonni, avessero potuto, non avrebbero minimamente disdegnato.

L’altalena continuava però a giacere dimenticata fra le ferraglie, poco più in giù, nel campetto prossimo al fiume. Tuttavia, l’ipnotico su e giù, alti e bassi, un salto lontano quando si è al punto più alto, e una corsettina quando l’altalena è al suo minimo, è come se non si fosse mai interrotto, animato da chissà quale presenza.

Un po’ come gli anni della mia  e forse della vita di tutti noi: un’altalenante danza di bassi – pochi mostruosi, altri spaventosi – e nuovi alti, nuovi “su”, col vento in faccia, ancora più inebrianti grazie, forse, proprio a quei bassi.

Ogni tanto ci ripenso a certi giorni bui, ma mi gira la testa e smetto subito: respiro a pieni polmoni il sapore di non esserci più invischiato. E la paura di riviverli mi fa afferrare con maggiore forza le aste dell’altalena e mi ritrovo al contempo bambino e adulto. Avanti e indietro nel tempo, mai così presente.

In questo presente, in cui fortunatamente la mia altalena libra in alto, ieri stavo seminando l’orto invernale: spinaci, bieta, fave, agli, aglioni e cipolle. E l’occhio mi è caduto poco più in giù: fra le infestanti, la rugiada del mattino, il gatto appollaiato sopra (come lo Stregatto di Alice) e il primo sole che la imbrillantava, ho intravisto un lacerto della vecchia altalena. La vecchia altalena rugginosa. E’ stato un attimo (e una grande fatica) prenderla, trascinarla al centro dell’orto, issarla e trasformarla in un doppio sostegno di ferro nostalgico e rugginoso per una pianta di ribes e una pianta di Sangiovese.

Due piantine un po’ sofferenti, stentate, che necessitavano di un traliccio forte su cui, auspicabilmente, radicare, crescere, aggrapparsi nel corso degli anni l’un l’altra, far fiori e frutti e -come tutti noi – andare un po’ su e un po’ giù, un po’ su e un po’ giù…