Bruxelles e il West Ham.

Sono rientrato venerdi da Bruxelles. Un’altra trasferta, dopo quella svedese. In questo periodo perdo un po’ il conto di dove sia e devo fare come certi turisti giapponesi (guardare il giorno sul programma di viaggio) per ricordarmelo. Bruxelles non lo scordo, però. Ahimè. Vi era la finale – persa – della Fiorentina contro il West Ham, vista, subita, sofferta con gli amici di una sera del Viola Club Parlamento Europeo al pub James Joyce, fra birre, aspettative poi frustrate, un senso del tragico di noi viola che poche volte si sublima e il solito gol subito al novantesimo a infrangere i sogni di una intera città. E delle mie bambine.
L’ultima volta che avevo visto una finale europea si trattava della finale andata e ritorno del 1990, si, l’estate “delle notti magiche inseguendo un gol”, contro la Juve ad Avellino, 33 anni fa, con mio babbo che, osservandomi in condizioni precarie anche per una violenta crisi allergica, mi consigliò di andare a letto alla fine del primo tempo. “Tanto si sa come la va a finire”. E anche questa volta si sapeva come sarebbe andata a finire, ma noi ci speravamo, i tanti, tantissimi, chi da Praga, chi dallo stadio di Firenze apposta tenuto aperto, chi dal divano di casa da solo o con gli amici, chi nei locali. Tifare Fiorentina è un patire, c’è poco da fare. Aggiungo anche che a fine partita, immaginate quanto fossimo scorati, – peraltro all’interno del pub faceva caldissimo e avevamo il volto in fiamme, sia per la tensione che per la temperature, hanno fatto irruzione dei tifosi inglesi ubriachi a cantare la loro gioia, con toni invero piuttosto aggressivi e per niente civili. Morale: siamo anche dovuti venire via di buona lena per evitare situazioni spiacevoli.

Sottolineo a Bruxelles per una attività di lavoro molto gratificante, la partecipazione al Summit dell’EACD, l’associazione europea dei direttori della comunicazione, della quale sono parte da qualche anno: senza retorica, una vera soddisfazione per me confrontarmi con colleghi da tutta Europa che rivestono posizioni come la mia, talvolta anche come CCO, Chief Communication Officer, in grandi realtà. E sono certo che la nutrita schiera italiana, ci stiamo riaggruppando, farà salire sempre più il suo tono di voce nell’EACD! Bruxelles è una città piuttosto elegante, non bellissima, dominata dall’Art Noveaux e da un centro di vicolini medievaleggiante. In relativa periferia, la presenza del Parlamento Europeo che le danno questo allure cosmopolita e divertente, grazie anche alla tanta birra (buona, buonissima) che si beve in città. Io non mi sono fatto mancare, cercando uno dei posti più qualificati per mangiarle, neanche le famigerate moules frites, le cozze con le patatine fritte due volte nello strutto. Con una birra trappista, ne ho assaggiate davvero tante, una vera goduria. Era la mia terza volta nella capitale belga, ma sempre per soggiorni brevissimi e di lavoro. Non credo vi ci imposterei mai una vacanza, ma senz’altro una città che andrebbe vista e che porta molto al confronto con tante persone di nazionalità diverse: di locali ne ho conosciuti pochi, quasi tutti sono expat a Bruxelles quasi sempre legati a lavori in seno al Parlamento Europeo.