Ne avevamo parlato da tempo, con la zia, la mamma, le cugine: fare un meraviglioso pranzo di pesce, come eravamo abituati da bambini, con nuove generazioni e con qualche mancanza (il babbo, lo zio) da celebrare proprio come sarebbe piaciuto a loro. Il tempo passa e la nostalgia può essere esorcizzata nel piacere dello stare insieme. Nella convivialità. Nella bellezza.
E Bisarno si presta, come sempre, molto bene.
I preparativi stessi hanno rappresentato un bel momento. La definizione del menù: tutto pesce. Dei vini. Del chi fa cosa. Degli ospiti, inclusi i genitori dei compagni delle mie cugine. Una nuova famiglia. Da parte mia, mi sono industriato già nei giorni precedenti, a predisporre gli spazi esterni: l’aia ben spazzata dalle prime foglie caduche, i due tavoli di legno uniti in una suggestiva “imperiale”, con le seggiole colorate in tono coi piatti in ceramica, sotto la pergola quasi arrossata e la turgida uva pensile. Le noci raccolte. Gli ultimi pomodori verdi. L’erba tagliata. Le bambine a far fiori nei campi attorno per abbellire le damigiane vuote.
E, sotto un tiepido sole d’ottobre, abbiamo iniziato le danze.
Schiacciata fatta in casa. Insalata di seppie e calamari. Impepata di cozze. Stoccafisso con patate. Penne alle vongole. Spiedini di pesce composti da gamberi, rana pescatrice, palombo e seppie. Melanzane sott’olio. Torta ai tre cioccolati. Castagnaccio. Gelato. Noci sgranocchiate placidamente.