La lezione della pioggia.

Mi trovavo l’altro giorno a zonzo nel Giardino Botanico di Singapore, un areale di foresta pluviale tropicale, custodito e mantenuto come un gioiello prezioso a poche miglia dall’urbanizzazione cittadina.

Stavo passeggiando a caccia di orchidee con fare caracollante fra alberi secolari, mangrovie, fioriture, palme: tutto mi appariva così esotico, quasi fosse dentro le dimensioni oniriche di un libro. Anche l’elevato tasso di umidità e il frinire violento delle cicale, diversissimo dal nostro ma non meno fastidioso e disturbante, contribuiva a questo effetto straniante. Sudato fradicio, frenato nell’incedere, mi sentivo quasi distante. Inquieto. Non del tutto a mio agio.

Nel mentre che cercavo di orientarmi nel fitto della foresta, è arrivato un violentissimo fortunale. Con una ritrovata rapidità di passo, sono riuscito a ripararmi sotto un pergolato naturale, un intreccio di alberi che a prima vista avrei detto banani, ma poco importa. Il tendaggio che i rami offrivano sopra la mia testa era sufficiente a non bagnarmi. Ma che disdetta. Solo. Nessuno attorno. Con un diluvio che stava già creando dei torrenti imbriferi attorno a me. E col riverbero della pioggia così forte nel terreno pieno di foglie, da diventare quasi ipnotico. Un crepitio tribale. E istintivamente mi sono ancora di più rannicchiato vicino alla pergola alberata e spalancato ancora di più i sensi.

E’ in quegli esatti momenti di massima furia della pioggia, saranno stati 5 minuti al massimo, ma davvero violenti, solo, nuvole basse e scaricanti secchiate di pioggia, che ho avvertito una sensazione di aderenza al momento e di bellezza che mi hanno fatto fisicamente tremare. Non più il disagio di pochi minuti prima, ma finalmente l’appartenenza. La pioggia aveva esaltato i contrasti dei colori e sollevato infiniti profumi. Degli alberi, del sottoforesta, di fiori – orchidee, ginger e i tanti altri, turgidi di vitalità, di cromie, di sfacciata apertura alla linfa vitale che così violentemente li scuoteva.

Ho provato un senso di perfezione. E mi sono detto che senza questo inconveniente, spiacevole, del fortunale improvviso, non avrei percepito la bellezza in maniera così assoluta. Ne ricavo una metafora un po’ banale ma a cui trovo confortante aderire. Ci sono tante piogge che ci sorprendono improvvise nella vita. E che ci appaiono insensate. Imprevedibili. Ingiuste. Illogiche. E lo sono. Ma è proprio in queste piogge, in queste malinconie, in queste tristezze, fra queste paure, che si annidano i germi di sensazioni reattive intense, esaltanti, che danno emozioni, vita, brividi, e ci aiutano a percepire ancora di più la bellezza.

La bellezza di una pioggia tropicale, rannicchiato sotto un banano, coi profumi e i colori della foresta pluviale in danza insieme a me.