La molecola della civiltá.

Sono all’aeroporto di Frankfurt, di rientro dalla suggestiva cittadina renana di Wiesbaden, dove mi trovato per il X Symposium dell’Istituto dei Master of Wine. Obiettivo era raccontare, distillata in soli 3 minuti, la storia di Ruffino alla platea dei Master of Wine – circa 500 autorità assolute del vino provenienti da tutto il mondo – che mi guardavano peraltro giustamente diffidenti: oh, è un po’ come parlare di neve agli esquimesi, ne sanno molto più di me.
A ogni modo: mi ero preparato non poco ma ero mangiato inevitabilmente dalla tensione. Sebbene abbia sforato, e nemmeno di poco – e dopo doveva parlare John Malkovic, il grande attore (Ritratto di Signora, Essere John Malkovic e tanti altri capolavori), da qualche anno anche vigneron in Provenza, mica un Sorelli qualsiasi, quei 3 minuti, anzi più di 5 (quindi ben oltre qualsiasi mia tempistica di piacere), sono stati per me un momento di grande emozione.
Ho “sentito” davvero la bellezza del momento, perché ho raccontato aspetti in cui credo particolarmente: il vino come segno tangibile, come pilastro di civiltà, la più sublime interazione fra uomo e natura, come bevanda culturale che può aiutare a migliorarci, se consumato in compagnia e in piccole dosi, nel bello di chi ci sta accanto e di quello che ci circonda. Del resto i simposi, i convivi, sono nati nelle nostre terre e noi abbiamo quei geni.
Ruffino lo ha fatto fin dal 1877, la prima a portare, grazie alla ferrovia di Pontassieve e alle colline vitate che la abbracciano, non tanto il nostro delizioso Chianti a giro per il mondo, ma quanto l’idea che il vino possa essere un rugoso tavolo di legno col pane sciocco al centro, tanto buon cibo e i propri cari seduti in ridente compagnia, la polenta tagliata con lo spago, il Ti Amo verso il mondo, due parole accanto al fuoco del camino, casa lontano da casa, l’anima di ogni momento felice, la carezza che eleva lo stare insieme, il fiasco che compare dietro Lilli e il Vagabondo, che arrivano a baciarsi condividendo lo stesso spaghetto.
Ruffino poi ha costruito la sua storia nel Chianti Classico, con prodotti ormai leggendari. Prima Riserva Ducale, nel 1927, poi la Oro dal 1947 – ci si rialza dalla guerra e si comincia a scolpire la dolce vita – dal Castello di Montemasso, che domina maestoso tutto il territorio del Chianti Classico: Chianti da clangor, lo sferraglio delle armi, guerre cupe e sanguinose nelle terre del Gallo Nero, per sempre poi una terra di infinito rinascimento e luminosa bellezza fra Firenze e Siena.
Bellezze da preservare, da custodire – il pianeta ci sta mostrando ogni giorno la sua fragilitá – e ancora una volta grati di tanta bellezza sentiamo il dovere di dare uno scopo più profondo alla mera e essenziale attivita di business, col progetto Ruffino Cares: programmi per educare al consumo responsabile, ancora una volta ancorandosi alla nostra civiltá, di sostenibilitá ambientale, di biodiversitá, di inclusivitá. Un bellissimo viaggio di quasi 150 anni, anzi, di qulche millennio, durato qualche minuto ma che credo sia piaciuto e abbia raggiunto il suo scopo.