Made in Taiwan

Aeroporto di Taipei. In attesa dell’interminabile volo che mi porterà al natio borgo selvaggio, dopo gli ultimi tre giorni di questo tour asiatico trascorso a Taipei.

Sono arrivato a Taipei scosso da quello che era successo a Costanza. La sera prima avevo concluso la mia sessione di lavoro con la cena di gala al St Regis di Singapore – andata davvero bene – con una bevuta al PallMall67 di Singapore con un collega e una coppia di coniugi giapponesi. Fatto tardo, svegliato all’alba, seconda nottata de facto con meno di 4 ore di sonno, e arrivo in una grigissima Taipei all’ora di pranzo. Tutto rifletteva il mio stato d’animo. Una classica città cinese (sapendo bene di utilizzare un improprio rispetto alla fiera indipendenza taiwanese) grigia, inquinata, anonima.

Fortunatamente già a pranzo mi sono tuffato nei sapori avvolgenti del cibo locale, di cui avevo letto meraviglie – e sono d’accordissimo: dumpling, wonton soup, dei funghetti neri, tanto oolong tea. E già dalla sera ci aspettava la prima cena di lavoro in un hotel di Taipei: subito ho apprezzato una certa dolcezza di modi delle persone, degli ospiti e un orgoglioso senso di identità. L’indomani ancora tempo piovoso, forse anche peggio, ma tanto avrei dovuto dedicarmi completamente al lavoro, con grandi esperienze gastronomiche locali, a pranzo taiwanesi, a cena cantonesi, con una mia masterclass tenuta nel magnificente Grand Hyatt della città, a pochi metro dal simbolo, che dalle prime nebbie che lo avvolgevano quando l’ho intravisto la prima volta si è progressivamente svelato nella sua bellezza: il grattacielo 101, simbolo di Taipei, e fra i 5 grattacieli più alti al mondo. Un’infinità di persone che si sono avvicinate a me, che mi raccontavano le loro attività, piatti sontuosi, di squisità bontà, un certo benessere percepito e visto (quante Ferrari, Lamborghini, Maserati), anche nel cocktail di saluto alla città dopo cena gustato in un bar, uno dei 50 top dell’Asia, il Cé la vi (scritto proprio cosi).

L’indomani, cioè oggi, avendo tutta la giornata prima di prendere i voli serali per l’Europa, ho avuto l’onore di vivere un tour privilegiato della città con un nuovo amico, che non solo mi ha spiegato la storia degli ultimi 400 anni dell’isola ma anche fatto vedere tutti i luoghi più significativi della Taipei storica, e ne è emersa una città davvero piacevole.

Taiwan è stata abitata circa 600 anni fa dagli olandesi, a cui fecero seguito dei mercanti cinesi del Fujian che cercavano posti per espandersi e lo trovarono in quest’isola a cavallo fra Cina e Giappone naturalisticamente impressionante: montagne di 4000 metri, spiagge e natura incontaminata, sorgenti d’acqua spontanee. Gli olandesi furono sconfitti dai Ming e a Taiwan si alternarono le dinastie Ming e Qing, fino a che nel 1895 l’isola fu ceduta al Giappone.

Il periodo giapponese è ancora molto amato e ci sono evidenti lasciti nell’isola, sia architettonici che culturali (il wc che si riscalda e incorpora un bidet automatico, che per adesso nel mondo avevo trovato solo a Tokyo). E’ dopo la seconda guerra mondiale che si scrive la storia più significativa di Taiwan. L’isola torna ai cinesi dopo la sconfitta giapponese della seconda guerra mondiale e, soprattutto, dopo la rivoluzione comunista di Mao Zedong, a Taiwan si rifugia il generalissimo Chiang Kai-shek, proseguendo di fatto l’idea della Cina nazionalista prima del comunismo (instituì la Repubblica di Cina a Taiwan) e “preservando” molti aspetti della Cina pre-Mao, che ora è esperibile solo a Taiwan. Mao e il partito comunista si presero la Cina durante la guerra civile. Chiang Kai-shek e il Kuomintang, il partito nazionalista, si rifugiarono a Taiwan.

Nel 2023 c’è uno stacco piuttosto evidente fra quello che è Taiwan e quello che è la Cina dopo Mao. Ho avuto modo di vedere le città cinesi, e per certi versi, molti versi, anche apprezzarle, ma Taipei, la capitale di Taiwan, mi ha restituito delle sensazioni più accoglienti, e una certa bellezza.

La mattina ho passeggiato nelle strade in mattoni rossi della città “vecchia”: metto le virgolette perchè sono edifici risalenti al…1898! Da lì ho apprezzato in varie fogge, nel tempio buddhista e taoista (convivono insieme i due culti) di Longshan, il simbolo della città: il dragone. Qui si apprezza la grande capacità di convivenza religiosa della città fra profumi di incenso, gente che legge, altra che prega rivolta alle varie entità.

Attorno al tempio e al primo insediamento del 1898 tantissimi negozietti lavoravano e vendevano gli herbal tea. Un’esperienza aromatica molto forte.

La parte più spettacolare, oltre a numerosi edifici di stampo giapponese poi convertiti in ufficio pubblici (come le poste nazionali), è l’area del memoriale a Chiang Kai-shek. Mi sono gustato anche il cambio della guardia: mi mancava in Asia un rituale vissuto a Londra e Praga.

A pranzo ho avuto modo di assaggiare i tipicissimi noodle di vitello piccanti, che bontà!, con una dissetante birretta taiwanese.

Sono andato poi all’aeroporto accompagnato da un meraviglioso tramonto, il contrario della pioggia continua che mi aveva accolto all’arrivo.

Davvero una bella città.